Cari amici,
stasera parleremo e discuteremo
di Europa. Vi vorrei parlare in lungo e in largo di che cos’è nel profondo e da
lunghissimo tempo l’ Europa, nella sua storia e come modello di civiltà. Vorrei
parlare dei suoi valori e della tacce profonde che l’ hanno segnata, ma la
questione economica è troppo urgente.
Sappiamo che le cose da questo
punto di vista vanno male, ma forse siamo addirittura messi peggio di quanto
appare.
Le prossime elezioni europee
saranno le più importanti nella loro storia. È già chiaro che i populismi e le
tendenze anti-euro avanzeranno, rese ancor più forti dalla delusione degli
europeisti e dal prevedibile forte astensionismo. Sarà un momento critico in
cui si diffonderà rabbia e frustrazione, così come un senso di impotenza e di
stallo.
Dobbiamo perciò prepararci alla
tornata elettorale nel miglior modo possibile, ma ancor di più al dopo, alle
turbolenze che seguiranno, quando i nodi saranno venuti al pettine.
Per far questo dobbiamo evitare
il più possibile la retorica europeista. Dobbiamo far ricorso ai principi
europeisti senza però fermarci lì. Ribadire i principi non serve a nulla se non
si guarda in faccia la dolorosa realtà, se non si fanno i conti con gli errori
compiuti, se non si snidano le strategie non-cooperative nel seno della Zona
Euro e dell’ Unione Europea più in generale.
Va anche subito detto che le
maggiori minacce provengono da quello che dovrebbe invece essere il gruppo d’
avanguardia dell’ UE, cioè dalla Zona Euro. Dobbiamo analizzare la
situazione senza fare sconti a nessuno. Ora vi proporrò le mie riflessioni sul
tema. Vi ringrazio già per la pazienza che avrete nello starmi a sentire.
BILANCIO e PROSPETTIVE dell’ EURO
I VANTAGGI PREVISTI con l’ EURO
1 ) Intreccio più
duraturo e profondo tra le economie nazionali degli stati-euro negli scambi
commerciali, finanziari e negli investimenti.
2 ) Sinergie tra
gli stati in tutt’ e tre i settori economici: industria, agricoltura, terziario
(compreso il settore finanziario).
3 ) Moneta solida,
cioè con un alto potere di scambio con altre monete e con alto potere
d’acquisto di merci e servizi. Corollario: robustezza rispetto ad ondate
inflattive.
4 ) Meno inflazione
per i paesi latini e del Sud Europa, non a spese dei paesi del Nord.
Cioè estensione a tutta l’ Europa dei vantaggi che i paesi del Nord già
avevano.
5 ) Tassi d’ interesse
più bassi per gli stati ad alto debito pubblico, ma anche per i privati (
vedi mutui ) e per le aziende ( con stimolo delle economie europee nel loro
insieme ).
LA GOVERNANCE dell’ ECONOMIA
EUROPEA ovvero IL QUADRO DELLE SUE REGOLE DI FUNZIONAMENTO
Invece di dotarsi di un governo
dell´economia centrale, che programmasse riequilibri strutturali delle
economie, transfer di risorse, dettasse politiche fiscali differenziate,
l’ Unione Monetaria Europea si è data un SISTEMA AUTOMATICO DI REGOLE DA
RISPETTARE ( voluto soprattutto da D, NL SF e A , ma accettato
anche dalla F e subito dai paesi mediterranei ).
Senso di questo corsetto
molto rigido: ASSICURAZIONE PER I PAESI “VIRTUOSI”: un fatto comprensibile ma
assai problematico dal punto di vista macroeconomico.
I cardini del SISTEMA DI
REGOLE:
a ) 3% massimo di deficit
annuo sul PIL,
b ) 60% di debito
pubblico complessivo (senza però prevedere precisi programmi di rientro),
c ) BCE totalmente
indipendente dalla politica, con il solo compito di garantire la stabilità
(cioè la forza) della moneta, impossibilitata a praticare qualsiasi politica
espansiva ( vedi: niente acquisto di bonds statali per limitare i costi per
servire il debito pubblico ).
In soldoni: la replica
del modello tedesco (dagli anni ’50 in poi), con gli obiettivi
macroeconomici tradizionali della Germania, con una banca centrale dotata solo
di uno strumentario monetarista, senza alcun mezzo per avviare giochi
cooperativi tra gli stati e tra le economie degli stati membri. Questo corsetto
era il quadro ottimale per dare poi la stura al fiscalismo tedesco.
QUEL CHE È ACCADUTO E STA
ACCADENDO
I ) I tassi d’
interesse bassi hanno prodotto enormi squilibri tra Nord e Sud/Nordovest. E
qui la BCE ha chiaramente fallito rispetto al suo stesso mandato monetarista. Grossi
flussi di capitale soprattutto da D, NL e F verso P, E, GR, IRL, ma anche
tra D e F, in misura minore tra D e I.
II ) La D ha iniziato dal
2001/2002 una politica di disinflazione competitiva, facendo scendere i
costi di produzione delle proprie merci. Come? Mediante il contenimento
salariale, la creazione del cosiddetto Niedriglohnsektor, cioè del
settore a bassi salari, la diminuzione dei sussidi di disoccupazione,
le liberalizzazioni in alcuni snodi strategici dei servizi (poste,
telecomunicazioni, ecc.), la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale. Perciò ha esportato
più facilmente ed in notevoli quantità i suoi prodotti verso il sud e l’
ovest dell’ area euro. Lo ha potuto anche fare perché garantiva risorse
finanziarie sufficienti per un indebitamento in grande stile degli
acquirenti esteri [ vedi sopra: punto (I) ]. L’ allocazione di queste risorse
era ritenuta sicura per via dell’ euro.
La D ha cioè conquistato
ulteriori quote di mercato a danno di tutti gli altri paesi (F compresa) ed è
diventata massicciamente creditrice netta di questi paesi. Gioco
non-cooperativo, anzi competitivo all’ interno dell’ Unione Monetaria Europea.
Gli altri due paesi più grossi dal punto di vista manifattura, nell’ ordine l’
Italia e la Francia, sono invece rimasti a guardare.
III ) Si è creato per
converso un forte indebitamento privato in E, P, IRL e GR (anche
pubblico in P e GR).
Dall’ autunno del 2008
deflagra la crisi finanziaria internazionale. Dall’ estate del 2009 scoppia il
caso Grecia. Ormai tutti i nodi sono venuti al pettine.
Che accade? Nell’ Europa,
i paesi prestatori
a ) invece di
accollarsi i dolorosi costi di un riequilibrio macroeconomico dell’ Un.Mo.Eu.
( allentamento dei vincoli statali di bilancio, dare il via almeno in parte a
degli eurobonds, a stimolare il mercato interno con aumenti salariali e di
spesa statali )
b ): b1) ritirano,
se possibile, i capitali dal sud, b2) cercano di tappare le falle nei
bilanci statali o bancari nei paesi in difficoltà (con i cosiddetti fondi-salva-stati),
b3) li spingono a praticare una rigorosa politica austerità di bilancio e
b$) sostengono abbondantemente, con mezzi nazionali, le proprie banche in
difficoltà per l’ effetto delle due crisi (vedi: soprattutto Landesbanken,
Commerzbank ecc. in Germania).
Cioè: si è praticato solo
lo schema (b) senza la minima ombra dello schema (a).
La contemporanea
riduzione della spesa pubblica e di quella privata in molti paesi (
per un’ area di più di 134 milioni di abitanti, pari al 40% dell’ intera
popolazione dell’ Un.Mo.Eu. // se anche
la F si fosse adeguata, come spingevano e spingono i tedeschi: l’ area in
austerità sarebbe stata pari al 60% di detta popolazione ) senza una
compensazione macroeconomica a nord poteva solo produrre recessione
prima e depressione poi, disinflazione generalizzata prima e deflazione
poi. Questa sta infatti arrivando ora nella cosiddetta periferia sud cioè per
una quota di popolazione dal 40% al 60% degli abitanti dell’ eurozona.
Ma è razionale tutto questo? È un bene tutto questo? Sono
in tanti a chiederselo. Quasi tutti gli economisti americani qualificano questo
scenario con aggettivi che vanno da “non-razionale” a “folle”. Nota bene:
alcuni di loro l’ avevano anche previsto e temuto.
UN EDIFICIO CHE NON REGGE
Sia la commissione
europea che il governo tedesco affermano con vigore che, pur date le due
contrazioni parallele ( della spesa pubblica e di quella privata ) manca ancora
un tassello. Per ottenere gli effetti risananti previsti deve aggiungersi un terzo
addendo: l’ aumento della competitività delle economie dei paesi più indebitati
(PIGS + I + F)
( si noti: il 60% della
popolazione della Un.Mo.Eu. ).
Le misure ad hoc: soprattutto
la riduzione del cuneo fiscale, la liberalizzazione dei servizi, la bonifica
delle sacche di inefficienza e di corruzione nella pubblica amministrazione. Il
tutto per abbattere i costi ed essere più competitivi sui mercati esteri.
INCISO: queste sono cose
sacrosante. Gravissime sono le colpe della politica italiana nel non aver
attuato quelle riforme, addirittura già prima dell’ introduzione dell’ euro. Va
detto però, per onor di completezza, che anche chi avrebbe voluto farle, in
anni recenti, non è riuscito a trovare risorse anche grazie al rigido corsetto
europeo. strada
Si dice comunque che l’
attuazione di questa che è la ricetta tedesca dalla fine degli anni ’90 basterà.
Ma dove sarebbero gli
sbocchi per questa rigenerazione trainata dalle esportazioni
-
se D + Benelux + Austria non fanno contemporaneamente e
contestualmente una politica salariale e di spesa pubblica espansive,
aumentando le loro importazioni dalle zone in crisi ??
-
se la BCE non dà il consenso ovvero il via ad una
politica monetaria espansiva che porti l’ inflazione a viaggiare tra il 3% ed
il 4% ??
-
se l’ Euro resta forte ( con un rapporto di cambio $/€
tra 1,35 e 1,40 – a volte anche maggiore) ??
Dove sarebbero gli
sbocchi per la cosiddetta austerità espansiva? Su Marte, suggerirebbe l’
economista americano Joseph Stiglitz.
Il risultato di austerità +
flessibilizzazione senza aumento del mercato interno del Nord Europa, senza una
politica monetaria espansiva e con un euro forte può essere solo quel che
abbiamo sotto gli occhi:
il piano inclinato di
recessione-depressione e di disinflazione-deflazione per i paesi cosiddetti
periferici (forse anche per F compresa).
Ma se questo trend si
prolunga per un periodo anche medio quel che ne consegue è la riduzione
strutturale del PIL e della capacità produttiva di questi paesi o il
loro abbassamento dal rango dei paesi ‘prestatori di manodopera a bassi
salari’ ( CZ, PL, H, HRO, RO ecc.).
La D può permettersi
questo scenario ed un euro forte perché produce in larga scala una vasta gamma
di prodotti di alta qualità e ad alto contenuto tecnologico da esportare
dovunque, anche in USA ed in Asia. Gli altri no o molto meno, F compresa.
QUALI PROSPETTIVE ?
Se seguissimo la D fino
in fondo su questa strada avremmo, diciamo tra 10 anni, un’ area Un.Mo.Eu. dominata dalla manifattura tedesca, con ampie
aree di ‘servizio produttivo’ all’ economia egemone, in grado di rendere l’
export tedesco ancor più competitivo sui mercati mondiali e con un euro forte. Avremmo cioè un’ area
euro asservita all’ economia tedesca.
Come cartina di tornasole
provate ad immaginare una marginalizzazione o sparizione delle produzioni
europee non tedesche di auto. Risultato ipotetico ma plausibile:
VW produce 12 / 15 mil.
di auto l’ anno;
Daimler ne produce 3
mil.;
Bmw ne produce 3 mil.
Opel Germania circa 1
mil.;
Ford Germania circa 1
mil.
Ovviamente questa enorme
produzione non avverrebbe solo in Germania, ma la programmazione, in
parte l’ assemblaggio, il comando economico avrebbero sede in
Germania.
Non dimenticate che la
produzione automobilistica fa da traino e continuerebbe a fare da traino allo
sviluppo tecnologico e per altri settori ( dall’ elettronica, alla siderurgia,
alle materie plastiche, ala chimica, allo sviluppo e alla produzione di nuovo
materiali come le fibre di carbonio ecc. ).
Parallelamente avverrebbe
un drenaggio di cervelli e un ulteriore trasferimento ovvero una concentrazione
di know how in Germania.
Questo quadro non solo è
inaccettabile, ma anche sintomo di una mentalità malata. Il PIL europeo sarebbe
tedesco-dipendente. Le zone non agganciate o non interessanti
vivacchierebbero stancamente. Ci sarebbero una crescente migrazione interna a
favore del nocciolo forte dell’ Europa. Gli squilibri di ricchezza
sarebbero maggiori rispetto all’ oggi. Il saldo estero commerciale
dell’ Un.Mo.Eu. sarebbe ben oltre l’
attuale 3%. Probabilmente viaggerebbe tra il 7% ed l’ 8% del proprio PIL, come
l’ attuale surplus tedesco verso il resto del mondo. È forse questo il senso della
politica economica europea? È forse il saldo estero a misurare le prestazioni
di un´economia o dovrebbe piuttosto esserlo il livello di vita degli abitanti?
A giudicare dai fatti il
vero gioco della D non sembra essere tanto europeo quanto mondiale. Ma
è questa l’ Europa che vogliamo? È giusta una simile costruzione? Può reggere a
lungo?
Treviglio
16 / 01 / 2014
Beppe
Vandai
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