Estratto
da:
Histoire
de la bourgeosie en France,
di Régine Pernoud, Parigi 1960
Dai
capitoli 14º e 15°
Nel 1547 sale al trono Enrico II, marito di
Caterina de’ Medici. Concezione della sovranità per grazia di Dio.
Il re si considera al di sopra della legge e unica istanza che
statuisce la legge. La teoria del principe di
Machiavelli fa da paradigma quanto alla concezione del potere
assoluto del re. Essa discorda dalla concezione più antica che
si rifaceva alle leggi scritte e non scritte dei franchi.
Inizia
in Francia la fase della riscoperta dell'antichità sull'esempio
italiano. Ronsard teorizza il classicismo e ne diviene il campione.
Inizia la fase degli intellettuali umanisti. Tra questi, che
per lo più operano al di fuori dell'università e danno impulso all’
editoria, sono da ricordare anche degli importanti commercianti che
dispongono di un’ eccellente formazione classica. Due esempi di
grandi intellettuali borghesi sono Rabelais e Montaigne. Quest'ultimo
ha chiare origini altoborghesi ma accede allo status nobiliare.
I
borghesi incominciano a dare molta importanza all'educazione dei
propri figli e alla cultura in famiglia. Un altro aspetto della
cultura borghese è il culto del lavoro. Ma ben si intenda, con
questo non si rivaluta affatto il lavoro manuale, che rimane malvisto
sia tra gli aristocratici che tra i borghesi. Gli artigiani non fanno
dunque parte della borghesia. Altra caratteristica saliente della
mentalità borghese: il culto dell’ impresa e dell'investimento.
Un'occasione
eccellente per emergere viene fornita dai governanti, alla disperata
ricerca di fondi per condurre le loro guerre. In prima linea sono i
commercianti e i finanzieri italiani, presto seguiti dai Fugger che
nel 16º secolo accumularono le fortune più grandi. Loro ruolo di
primo piano nell'elezione di Carlo V. Sia Carlo VIII che Francesco
I° si rivolgeranno con successo ai mercanti italiani per finanziare
le loro avventure militari italiane ( !! ).
In
Francia si afferma definitivamente il gallicanesimo, sul fronte
religioso. Si sviluppa fortemente la borghesia del diritto,
costituita soprattutto da magistrati, da consiglieri dei parlamenti,
dai pubblici ufficiali. Nelle fila di questa borghesia è forte il
gallicanesimo, che viene anche giustificato in termini di diritto. In
questa fase si aprirà una grande cesura tra alto e basso clero. L’
alto clero: di origine nobile, che spesso sarà attirato dalla corte.
Il basso clero recluterà invece i suoi membri dalle classi più
basse. Per i nobili la carriera ecclesiastica è una grande occasione
per affermarsi nella scala del potere.
Il
credito è un momento centrale per lo sviluppo di una borghesia
vasta, tendenzialmente nazionale. Va da sé che emergono i
grandi capitalisti finanziari, ma nei prestiti allo stato si buttano
persone provenienti da tutti gli strati sociali. Nasce per la prima
volta la cultura della rendita finanziaria. Nel corso del
cinquecento saranno numerosi i fallimenti degli Stati, che porteranno
alla rovina grandi fortune di commercianti e di finanzieri. Ma spesso
saranno anche vasti settori di popolazione piccolo-borghese e
borghese a subirne le conseguenze.
Il
500 è un secolo di grande inflazione, in certi casi di
iper-inflazione. Tolosa diventerà una città assai ricca per via
della produzione e del commercio del guado. Lione invece sarà una
grande piazza finanziaria, in cui tutte le grandi famiglie italiane
impegnate nella finanza avranno delle loro succursali. Carlo
VIII farà uso di finanziamenti avuti dalla banca genovese dei Sauli
per finanziare la propria spedizione italiana. Nuove e grandi
occasioni si apriranno per la borghesia nelle Americhe. Alcuni grandi
finanzieri diventeranno seguaci della riforma protestante. Il
500 sarà un secolo di grandi speculazioni e di grandi imprese
commerciali. Il commercio avrà d'ora in poi un carattere
fortemente capitalistico, sia per qualità che per quantità. Il
guadagno commerciale e la speculazione, che nel Medio Evo erano
condannati, godranno d'ora in poi di una buona stampa. Arricchirsi
e fare grandi fortune non sarà più peccato, ma motivo d'orgoglio.
Dal
capitolo 16°
Nel
corso del 500 la monarchia accentua i controlli sulle corporazioni.
Queste funzionano, come è ben noto, secondo regole precise di
formazione e di controllo della manodopera. All'interno dei
laboratori il divario tra maestri e operai subordinati è fissato da
regole precise e non si apre troppo a forbice. Né si hanno grosse
concentrazioni operaie dirette da pochi maestri. Ad esempio a Parigi
nel Seicento si contavano quattro operai ogni maestro. Tra
maestri, operai e apprendisti sussisteva un patto di mutuo soccorso.
La monarchia inizia verso la fine del cinquecento a stabilire regole
temporali e controlli per l'apprendistato, ma anche per lo
ottenimento dello status di maestro. Il re voleva tra l'altro
impedire che si creasse una casta o un ceto borghese all'interno
delle corporazioni. Era sua cura che le differenze non diventassero
troppo grandi.
In
alcuni settori però iniziava a formarsi una borghesia e il ceto dei
maestri aveva maggiori poteri sia finanziari che organizzativi. Era
questo il caso delle stamperie,
che richiedevano notevoli capitali. Lo stesso valeva per le
seterie e la produzione di tessuti
di lusso. Anche nel settore
minerario la classica forma corporativa
non poteva funzionare. Nelle miniere investivano ovviamente
soprattutto ricchi mercanti e finanzieri e si affermava la tendenza
alla conduzione capitalistica.
Il
‘500 fu caratterizzato da diffuse rivolte popolari, di operai, di
apprendisti e di disoccupati. Le ragioni di questo: la grande
inflazione, mai ricompensata con aumenti salariali adeguati. E
anche il fatto che non era più garantito il lavoro nelle
corporazioni.
Un
fatto di grande rilievo è il seguente: la monarchia inizia ad
invadere anche i settori produttivi. Mentre per tutto il
medioevo dominò il concetto di bene comune, a partire dal 500 le
monarchie iniziano ad affermare il concetto di bene
pubblico, sostenute in ciò anche dai
giuristi. Il monarca si arroga il diritto di far sì che lo
Stato sfrutti certe risorse del paese, che le valorizzi. Questo
passo, assai rilevante, fa seguito a due altri fenomeni in cui si
affermò la centralizzazione: l'amministrazione della giustizia e la
fiscalità. La monarchia rivendica la proprietà delle miniere,
sia che siano gestiti direttamente, oppure date in appalto a terzi.
Un altro settore strategico in cui si afferma questo tipo di
centralizzazione è quello della produzione di armamenti e di
munizioni. Non solo. Anche nel settore degli armamenti navali
lo stato invade il campo in prima persona o cerca di stimolare
l'intervento privato, incanalandolo ai propri fini. Non va infine
dimenticato l'impulso dato alla pirateria indiretta.
La
borghesia ampia i suoi ranghi e aumenta la sua sfera d'influenza in
vari modi, sulla scia della centralizzazione. Borghesi sono coloro
che prestano allo Stato, borghesi sono molti amministratori ed
imprenditori che svolgono le loro attività per lo Stato. Borghesi
sono i funzionari statali, borghesi sono i giudici, il cui intervento
e le cui competenze sono sempre più richieste. Un dato soltanto: Il
consiglio reale di Francesco I era così composto: 10 principi di
sangue, 30 signori, 10 prelati e 35 tra giuristi e finanzieri.
Lo
Stato si prende cura della rete viaria e stimola la connessione
fluviale tra le città e le zone del regno. Il diritto romano
si afferma sempre di più e rimuove quello medievale. Il diritto
romano è per eccellenza diritto borghese. Tra gli istituti che
perderanno importanza, fino ad essere eliminati: il diritto di asilo.
I tribunali civili assumeranno sempre di più competenze
che erano dei feudatari o della Chiesa. Tra queste anche la
persecuzione dell'eresia. Non è un caso che in Francia
l'Inquisizione non ebbe praticamente nessun ruolo.
Ben
presto, nel corso del secolo, si affermò la venalità delle cariche.
Le cariche da un lato fruttavano allo Stato entrate rilevanti,
dall'altro creavano una casta di specialisti, di pubblici ufficiali.
Una casta borghese, che tenderà, ai livelli più alti, ad
assimilarsi alla nobiltà.
Dal
capitolo 17°
La borghesia francese del sapere e del denaro
acquisì grandi proprietà terriere nel corso del ‘500 e del ‘600
che vennero date in gestione a mezzadria oppure per un affitto fisso.
L'acquisto delle terre avvenne comperando grandi estensioni dai
nobili oppure acquistando poco alla volta le terre dei contadini.
Uno schema molto diffuso era quello di prestare ai contadini a
usura. Non potendo poi questi onorare gli impegni, pagavano in
termini materiali, cioè alienando le terre.
Tre furono gli effetti di questi grandi mutamenti.
Uno: la borghesia del sapere, così come quella del denaro, una
volta acquisite grandi estensioni, poteva rendersi simile alla
nobiltà. Ne conseguì la sua aristocratizzazione. Due: La terra non
era più l'ambiente in cui vivere, bensì una proprietà da far
fruttare, cioè, una fonte di denaro e di ulteriore ricchezza. La
terra divenne fonte di investimento, cioè capitale. Tre:
come sottolinea Marc Bloch, il modo di atteggiarsi nei confronti
della terra é assolutamente diverso da quello medievale. Si
passa cioè dalla concezione della terra come data in uso feudale
alla concezione della proprietà allodiale della terra, secondo una
concezione romana.
Dal
capitolo 18°
La riforma protestante in Francia fu ben accolta
in una prima fase soprattutto da artigiani, da lavoratori salariati,
da gente di basso censo. Ma l'adesione fu notevole anche tra la
nobiltà di alcune zone del sud della Francia. Pure sindaci e
consoli delle città del sud vi aderirono con entusiasmo. Va
però notato come i contorni del passaggio dal cattolicesimo al
protestantesimo non furono così netti come si può credere a
posteriori. In alcune famiglie si verificarono anche dei passaggi
dall'una all'altra religione a seconda del susseguirsi delle
generazioni.
Nella seconda metà del cinquecento si notò una
adesione alla Riforma soprattutto da parte della nobiltà, che
divenne ugonotta. Nel corso del seicento e si ebbe invece una forte
adesione al protestantesimo fra le fila della borghesia cittadina.
Una cesura importante per la borghesia divenne la
posizione di Calvino nei confronti del prestito ad interesse. Mentre
papa Pio V condannava qualsiasi forma di prestito ad interesse come
usura peccaminosa e condannava ogni forma di monopolio e di
accaparramento di denaro, Calvino non aveva nulla da ridire nei
confronti dell’ interesse ottenuto dal prestito di denaro, purché
quantitativamente contenuto. Come la terra può fruttare un affitto,
così anche il prestito di denaro può essere fonte di un legittimo
guadagno. La sua posizione legittimò quindi i commerci, gli
investimenti e le speculazioni, purché contenuti.
Non solo, un altro aspetto della teologia
protestante ebbe conseguenze enormi: la salvezza per fede e non per
via delle opere. Questa concezione spostò l'interesse del fedele
dalla continua ossessione nel legare la propria salvezza alle
opere di bene verso la propria interiorità. Il fedele acquistò
anche una nuova coscienza rispetto alla comunità in cui viveva,
affidandosi ad essa, al suo miglioramento, ad una accresciuta
giustizia nelle cose del mondo. Ne seguì un forte impulso alla
secolarizzazione.
Anche l’ etica della lavoro, anche la ascesi
quotidiana nel proprio impegno mondano prese il posto dello sfarzo e
della magnificenza. In amplissime zone protestanti l'atteggiamento
verso i mendicanti cambiò radicalmente. Si fece strada un
atteggiamento negativo nei loro confronti.
Non vanno infine dimenticate le forti tendenze
cesaropapiste che presero piede in ambienti protestanti. In
Inghilterra, poi, le espropriazioni della Chiesa cattolica per opera
di Enrico VIII diedero inizio ad un grande processo di passaggio
delle terre nelle mani della borghesia. Con la soppressione degli usi
comuni delle terre del clero i contadini furono spesso ributtati al
di sotto del livello di sussistenza. Fu l'inizio di un gravissimo
processo di pauperismo e di espropriazione, abbinato ad un grave
fenomeno di urbanizzazione sottoproletaria.
L'ultimo aspetto da sottolineare, quanto
all'influsso della riforma protestante, è questo: Il fondamento
dottrinario del cristianesimo fu ridotto alle scritture e venne
spazzata via la tradizione, con il grande influsso dei dogmi che via
via si erano aggiunte nella storia della Chiesa.
Heidelberg, 21 / 04 / 2013
Beppe Vandai
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