Luca Amendola
ITP, Ruprecht-Karls-Universität Heidelberg,
Philosophenweg 16,
69120 Heidelberg, Germany
Sommario
La curva che indica il numero di imprese
italiane in funzione del
numero di addetti mostra una chiara
flessione verso il basso in
corrispondenza di 15 dipendenti. Questo
fenomeno potrebbe essere
in relazione con lo Statuto dei Lavoratori
che si applica alle
imprese con più di 15 dipendenti. Una
correzione di tale
flessione potrebbe portare dal 3,5% al 5%
in più di nuovi
occupati tra le imprese del campione preso
in esame.
Il numero medio di occupati per azienda in Italia è molto
inferiore rispetto alla media EU: 3.9
contro 6.1 [1]. Questa
relativa piccolezza delle imprese italiane
è spesso vista come
una delle cause della debolezza
dell'economia italiana nei
mercati globali. Un'ipotesi che è stata
avanzata per spiegare il
fenomeno è che la legislazione italiana sul
lavoro rende oneroso
per un'azienda crescere al di sopra dei 15
dipendenti (5 se
imprese agricole) perché oltre questa
soglia scatta
l'applicazione integrale dello Statuto dei
Lavoratori e, in
Il forte indennizzo al lavoratore, in
aggiunta al rischio di un
reintegro forzato, potrebbe indurre alcune
aziende a scegliere di
rimanere sottodimensionate [4]. Se il
comportamento delle
aziende risente dello Statuto, la
distribuzione delle imprese in
funzione del numero di addetti dovrebbe
mostrare una
significativa variazione in corrispondenza
dei 15 addetti.
Per sottoporre a test questa ipotesi,
analizziamo qui una serie
di dati su circa 250000 imprese italiane
nel periodo dal 1986 al
1998 i cui addetti variano da 5 a 25,
pubblicata da Schivardi e
Torrini [2]. L'andamento medio è illustrato
in Fig. [1]
in
coordinate logaritmiche. Una variazione di tendenza attorno a
15 addetti appare manifesta. L'andamento
della curva tra 5 e 14
addetti appare molto ben descritto da una
legge di potenza (che
appare come una linea retta nel grafico
[fig:Numero-di-imprese]).
Fig 1:
Numero di imprese in funzione del numero di addetti (elaborazione su dati in Ref. 2). La retta tratteggiata indica la legge di potenza tra 5 e 14 addetti (cerchi blu). I punti successivi (quadrati rossi) si discostano notevolmente dall'andamento estrapolato. La retta continua è ottenuta riscalando la legge di potenza in modo da fornire lo stesso numero complessivo di imprese.
Numero di imprese in funzione del numero di addetti (elaborazione su dati in Ref. 2). La retta tratteggiata indica la legge di potenza tra 5 e 14 addetti (cerchi blu). I punti successivi (quadrati rossi) si discostano notevolmente dall'andamento estrapolato. La retta continua è ottenuta riscalando la legge di potenza in modo da fornire lo stesso numero complessivo di imprese.
Fig 2:
Totale numero occupati per classi di addetti. La regione in grigio corrisponde
al numero di occupati aggiuntivi tra aziende con più di 15 addetti.
La differenza tra andamento sopra- e
sotto-soglia è ancora più
evidente in Fig. [2], dove mostriamo il
numero complessivo di addetti per classe di
addetti.
Che le aziende modifichino il loro
comportamento riguardo la
crescita del numero di occupati in
prossimità di 15 addetti
sembra quindi evidente. Anche ammesso che
l'effetto dipenda
unicamente dallo Statuto dei Lavoratori,
resta comunque difficile
e rischioso stimarne l'entità e soprattutto
prevedere gli effetti
di una riforma dello Statuto stesso.
Al fine di stimolare il dibattito sulla
questione, si propongono
qui due scenari, entrambi basati
sull'ipotesi che la naturale
distribuzione delle imprese in una economia
senza vincoli
artificiali alla crescita sia una legge di
potenza. Questa
ipotesi appare confermata dai nostri dati
italiani, separatamente
sopra e sotto la soglia di 15 dipendenti,
da un analogo studio in
Francia [4] e in diversi altri Paesi.
Nel primo scenario, si assume che le
aziende ben al di sotto dei
15 dipendenti, contrariamente a quelle al
di sopra, non siano
influenzate dallo Statuto, e crescano
quindi senza limiti
fintantoché rimangano sotto soglia. In
questo caso, si potrebbe
ragionevolmente immaginare che se lo
Statuto fosse riformato,
l'andamento a legge di potenza sotto-soglia
si potrebbe estendere
inalterato fino almeno a 25 dipendenti.
Assumendo che le imprese
non nascano né cessino, ma semplicemente si
ridistribuiscano, si
può stimare un aumento di circa 130000
nuovi occupati, ovvero il
5% del campione (pari a circa 2 milioni e
mezzo di dipendenti).
Il numero potrebbe scendere fino a 100000
circa se invece di una
legge di potenza si utilizzassero
distribuzioni più complesse,
che però non appaiono statisticamente
giustificate dai dati.
Nel secondo scenario, si potrebbe
immaginare che le aziende più
piccole del nostro campione, quelle a 5
dipendenti, non sarebbero
incentivate a crescere neppure nel caso di
riforma dello Statuto
e quindi che il loro numero resterebbe
costante. Solo via via che
ci si avvicina a 15 dipendenti si potrebbe
indurre un
comportamento virtuoso di crescita. In
questo caso, sempre
mantenendo costante il numero complessivo
di imprese, la legge di
potenza sarebbe più ripida, ed il numero di
nuovi occupati
teorici scenderebbe a circa 85000, pari al
3,5% del totale.
Questi valori sono notevolmente superiori
alla precedente stima
di Schivardi e Torrini [2] sugli stessi
dati.
Naturalmente altri scenari teorici sono
possibili, ma solo a
patto di deviare da una legge di potenza o
di assumere
paradossalmente che il numero di aziende
con pochi dipendenti
aumenti in conseguenza della soppressione
dello Statuto.
Ripetendo la stessa analisi per un campione
[5] molto
più recente recente (2014) di circa 350000
aziende private sempre
tra 5 e 25 addetti, si ottiene un aumento
potenziale di addetti
leggermente maggiore, del 5,8% (190000
occupati) e del 3,9%
(130000 occupati) nel primo e secondo
scenario, rispettivamente.
Da questa breve analisi non si può
ovviamente far discendere in
maniera meccanica una relazione di
causalità tra l'andamento
spezzato della distribuzione delle imprese
e lo Statuto dei
Lavoratori. Neppure è possibile prevedere
con certezza come le
aziende risponderebbero ad una modifica
dello Statuto,
soprattutto in tempi di crisi. Inoltre, è
chiaro che la stima di
addetti in più è relativa al solo campione
di aziende qui
considerate e non si può assolutamente
estendere all'intera
platea dei lavoratori italiani senza una
analisi ben più estesa.
Soprattutto, se anche tutte le ipotesi fin
qui menzionate fossero
confermate e si producesse davvero un
aumento del 5% di occupati,
la scelta di riformare lo Statuto dovrebbe
comunque mettere in
conto una molteplicità di aspetti sociali,
politici, economici,
che non possono essere catturati da
semplici estrapolazioni.
Ciononostante, questa breve analisi indica
chiaramente che le
aziende tra 15 e 25 addetti hanno una
minore tendenza a crescere
rispetto alla media. Rimuovere le cause di
tale comportamento,
qualunque esse siano, potrebbe generare un
incremento di addetti
pari al 3,5-5% del campione totale e valori
anche superiori
(3,9-5,8%) utilizzando i dati del 2014.
Riferimenti
[1] Istat, Rapporto noi-Italia 2013,
noi-italia2013.istat.it
[2] Vedi ad es. il dossier lavoce.info,
www.lavoce.info/eterno-dibattito-articolo-18/
[3] F. Schivardi, R. Torrini, Identifying
the effects of firing
restrictions through size-contingent
differences in regulation,
Labour Economics 15 (2008) 482–511
[4] Garicano, L.; Lelarge, C.; Van Reenen,
J., Firm size
distortions and the productivity
distribution: Evidence from
France, Discussion Paper Series,
Forschungsinstitut zur Zukunft
der Arbeit, (2013) No. 7241
[5] Dati InfoCamere (si ringrazia Roberto
Susanna, ufficio stampa
infocamere.it)
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