giovedì 22 dicembre 2016

L'ECONOMIA TEDESCA ovvero COME MANDARE IN ROVINA FRANCIA E ITALIA

DATI E RIFLESSIONI SULL’ECONOMIA TEDESCA
[SCHEDA di Beppe Vandai per RISORSE – Treviglio]

Con la scheda offro alcuni dati sul quadro macroeconomico tedesco e sulla sua dinamica. In essi si rispecchiano le scelte di politica economica fatte in Germania da dopo la riunificazione e dall’introduzione della moneta unica. I dati sono scelti soprattutto in base alla loro rilevanza per il commercio estero tedesco in generale, verso l’eurozona in particolare.
Nei paragrafi da I a VI troverete soprattutto dati. Negli ultimi due (VII e VIII) azzardo alcune stime sull’impatto della politica economica tedesca sia sulla manifattura che sull’occupazione in Germania e nell’ Eurozona. I dati e le stime mi portano a concludere che siamo di fronte ad un mercantilismo competitivo aggressivo e senza dubbio pernicioso per l’integrazione europea.

*** Le fonti da cui ho attinto gran parte dei dati sono:
Statistisches Bundesamt (Destatis). Volkswirtschaftliche Gesamtrechnungen, Fachserie 18, Reihe 1.5 del 29/02/2016. Documento scaricabile, vedi LINKS: https://www.destatis.de/DE/Publikationen/Thematisch/VolkswirtschaftlicheGesa mtrechnungen/Inlandsprodukt/InlandsproduktsberechnungVj.html e https://www.destatis.de/DE/Publikationen/Thematisch/VolkswirtschaftlicheGesa mtrechnungen/Inlandsprodukt/InlandsproduktsberechnungVjPDF_2180120.pdf?_ _blob=publicationFile
Statistisches Bundesamt (Destatis). Statistisches Jahrbuch 2015 Kapitel 13: der Arbeitsmarkt, Berlin August 2015. Vedi: https://www.destatis.de/DE/Publikationen/StatistischesJahrbuch/Arbeitsmarkt.pdf ;jsessionid=8B8F81B392A1A6F1B5349863BC0DD01E.cae2?__blob=publicatio nFile
Fakten zum deutschen Außenhandel 2014. A cura del Bundesministerium für Wirtschaft und Energie (Ministero federale dell’economia e dell’energia) - Berlin Mai 2015. Vedi:http://www.bmwi.de/BMWi/Redaktion/PDF/F/fakten-zum- deutschen-aussenhandel 2013,property=pdf,bereich=bmwi2012,sprache=de,rwb=true.pdf
GTAI – Agenzia berlinese per il commercio estero (sponsorizzata dal Bundesministerium für Wirtschaft und Energie)
http://www.gtai.de/GT AI/Navigation/DE/Trade/Maerkte/suche,t=deut...land- bleibt-italiens-wichtigster- handelspartner,did=1245522.html
Entwicklung der Löhne in Deutschland bis 2015 | Statistik http://de.statista.com/statistik/daten/studie/152761/umfrage/entwicklung-der-loehne-in- deutschland/
Veränderung der Bruttolöhne und -gehälter in Deutschland bis 2015 | Statistik http://de.statista.com/statistik/daten/studie/75731/umfrage/entwicklung-der-bruttoloehne- in-deutschland/
Arbeitsentgelt – Wikipedia. Vedi: https://de.wikipedia.org/wiki/Arbeitsentgelt#Steuern_und_Sozialabgaben
Die Lohnentwicklung in Deutschland, saggio di Alexander Ulrich (parlamentare di Die Linke). Vedi:https://www.google.it/?client=safari#q=Die+Lohnentwicklung+in+DeutschlandVo n+Alexander+Ulrich&gfe_rd=cr
Geringfügige Beschäftigung – Wikipedia. Vedi: https://de.wikipedia.org/wiki/Geringfügige_Beschäftigung
Imposta sul reddito delle società - Wikipedia Vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Imposta_sul_reddito_delle_società
Inflationsrate in Deutschland bis 2015 | Statistik – Vedi: http://de.statista.com/statistik/daten/studie/1046/umfrage/inflationsrate-veraenderung-des- verbraucherpreisindexes-zum-vorjahr/
Körperschaftsteuer (Deutschland) – Wikipedia. Vedi: https://de.wikipedia.org/wiki/Körperschaftsteuer_(Deutschland)
Bundesbank: leistungsbilanz_der_bundesrepublik.jpg 650×588 Pixel. Vedi: https://www.bundesbank.de/Redaktion/DE/Bilder/Geld_und_Geldpolitik/leistungsbilanz_der_bun desrepublik.jpg?__blob=poster&v=7
Mindestlohn – Wikipedia. Vedi: https://de.wikipedia.org/wiki/Mindestlohn Mittleres Einkommen – Wikipedia. Vedi:
https://de.wikipedia.org/wiki/Mittleres_Einkommen
Niedriglohn – Wikipedia. Vedi: https://de.wikipedia.org/wiki/Niedriglohn
Reale und nominale Lohnentwicklung | bpb. Vedi: http://www.bpb.de/nachschlagen/zahlen-und-fakten/soziale-situation-in- deutschland/61766/lohnentwicklung

***
  
(I)
ABITANTI DELLA GERMANIA: circa 82 mio. ( a fine 2015) Fonte: WIKIPEDIA
DINAMICA DEL PIL TEDESCO a prezzi correnti nella fase dell’Euro:
( A )                              ( B )                                     ( C )
PIL nominale            OCCUPATI                 PIL per OCCUP.                  + in% di ( C )
(in miliardi)  
1999: € 2.064,88......≈ 38,9 mio.............      € 52.904                                    -------------
2002: € 2.209,29...... ≈ 39,5 mio. ..........      € 55.748                                        5,38
2005: € 2.300,86...... ≈ 39,2 mio. ...........      € 58.507                                        4,95
2008: € 2.561,74......≈ 40,8 mio. ............      € 62.702                                        7,17
2011: € 2.703,12......≈ 41,5 mio. ............      € 65.015                                         3,69
2014: € 2.915,65......≈ 42,6 mio. ............      € 68.277                                         5,02
2015: € 3.025,90......≈ 43 mio. ...............      € 70.317                                         2,99

( II )
DATI SULL’ OCCUPAZIONE A FINE 2015 – INIZIO 2016
a ) TOT. OCCUPATI.................................. ≈ 43 mio.
b ) TOT. LAV. DIPEND.............................. ≈ 39,2 mio. di cui:
c ) LAVORATORI PART-TIME + MINI-JOBS......... ≈ 11 m
d ) TOT. DISOCCUPATI.............................. ≈ 2,8 mio. [ pari a ca. il 6,6 % di (b+c+d)]
e ) LAVORATORI SCORAGGIATI..............≈ 1 mio.

f ) LAVORATORI SOTTO-OCCUPATI..........≈ 1,5 mio.
g ) d + e + f = ≈. 5,3 mio.
SETTORE A BASSI SALARI..................≈10 mio. [ 23,1% di (a) ] [ di cui: Min- jobs: ca. 8 mio + Lavoro interinale: ca. 1,2 mio. + Lavori in subappalto: ca. 0,85 mio. ]
NOTA: A partire dal 1992 circa, in Germania si è acceso un forte dibattito su come rendere più concorrenziale il paese con la riduzione dei sussidi di disoccupazione, una migliore mobilità e qualificazione della forza-lavoro e creando un largo ed efficiente mercato del lavoro a bassi salari. Un salto di qualità si è avuto nel 1999, da quando l’allora ministro delle finanze del governo Schröder, il socialdemocratico O. Lafontaine, dovette abbandonare il governo e uscì dal suo partito, la SPD. Lafontaine, un keynesiano convinto, era un oppositore di quei piani di riforma. Una volta partito Lafontaine e sostituito con H. Eichel, Schröder e i ‘blairiani’ della SPD imprimevano una svolta, facendo loro molte richieste confindustriali. Fu varata la Agenda 2010: un programma ispiratore di riforme che influivano sulla competitività dell’economia tedesca. Riforme che entrarono in vigore o a pieno regime tra il 2003 ed il 2005. Oltre a ciò – con l’iniziativa Bündnis für Arbeit (Accordo per il lavoro) – il governo Schröder promosse un accordo tra la unione industriali tedesca e DGB (il sindacato unitario dei lavoratori) per un decennio di aumenti salariali moderati, al massimo pari all’aumento della produttività. In realtà nemmeno questa verrà onorata nei salari. In cambio il DGB ottenne assicurazioni sul calo della disoccupazione. Va detto che il sindacato fu pesantemente ricattato con la minaccia di ampie delocalizzazioni. Poco alla volta il quadro salariale in Germania mutò. Il DGB lamentava ancora di recente una forte e crescente sperequazione salariale. Si potrebbe dire: “chi è causa del suo mal...”. Ma vediamo quel che accadde.

( III )
  
DINAMICA SALARIALE TEDESCA DAL 1992 AL 2014
La scelta del periodo non è casuale. Il ’92 è infatti l’anno in cui inizia a dispiegarsi con vigore la stretta monetaria della Bundesbank, allarmata dall’impennata inflazionistica (+ 4,5% nel ‘91) seguita all’ unificazione tedesca. La Buba alzò il tasso di sconto, portandolo in tre tappe all’ 8,75%. Molti si ricorderanno gli sconquassi nello SME, l’uscita dell’ Italia e della Gran Bretagna dal sistema monetario – seguite tre anni dopo dalla Francia – il dissolvimento sostanziale, anche se non formale dello SME. Disincentivati gli investimenti, la disoccupazione in Germania iniziò a salire, i lavoratori si trovarono sempre più sotto pressione. Iniziò il ‘canto delle sirene’ da parte dei partiti di governo (cristianodemocratici e liberali), delle associazioni imprenditoriali e di quasi tutti gli economisti tedeschi, affinché ci fosse la massima moderazione salariale, affinché l’economia tedesca diventasse più concorrenziale, affinché iniziasse una nuova fase di sviluppo trainata dalle esportazioni. La ‘festa’ della riunificazione andava considerata finita. Da allora iniziò di fatto la fase dell’austerità e del congelamento salariale. Traggo i dati che riporto qui sotto da documenti della Destatis, il corrispettivo tedesco dell’Istat. I dati si riferiscono ai settori manifatturiero e ai servizi. La Destatis stessa ammette che sono fedeli soprattutto per le medie e grandi imprese. Non lo sono invece per le piccole attività, quelle non sindacalizzate. C’è dunque una vasta zona grigia che sfugge alle rilevazioni ed in cui è molto probabile che le cose siano andate peggio.

ANDAMENTO DEI SALARI REALI (salari nominali – inflazione):
FASE 1992 – 1998: – 2,0%
FASE 1998 – 2010: – 1,4%
FASE 2010 – 2014: + 3,4%
ovvero: 1992 – 2014 (22 anni) : 0.
Si badi bene che nel frattempo la produttività del lavoro in Germania aumentò così:
DINAMICA DELLA PRODUTTIVITÀ del LAVORO, ottenuta dividendo il PIL REALE (detratta l’inflazione) per il numero degli occupati oppure per il n° di ore lavorate. [ Vedi pag. 52 di Volkswirtschaftliche Gesamtrechnungen, Fachserie 18, Reihe 1.5 del 29/02/2016 ]
***Sistema di calcolo: Preso come anno base il 1991 datogli il valore 100 –: a ) PRODUTTIVITÁ PER OCCUPATO
1992: 103,27      2014: 121,92      ovvero: + 18,06%
ovvero: sviluppo annuo lineare di circa + 0,77%
b ) PRODUTTIVITÁ PER ORA LAVORATA
1992: 102,53       2014: 138,64       ovvero: + 35,22%.
ovvero: sviluppo annuo lineare di circa + 1,38%

DINAMICA DEL COSTO DEL LAVORO PER UNITÀ DI PRODOTTO
(CLUP) a livello macroeconomico
CLUP = COSTO DEL LAVORO NOMINALE : PRODUTTIVITÀ REALE
***Sistema di calcolo: Preso come anno base il 1991 datogli il valore 100 –:
a ) CLUP PER OCCUPATO

1992: 106,79        2014: 130,90
       ovvero: + 22,58%
ovvero: sviluppo annuo lineare = ca. + 0,93%
b ) CLUP PER ORA LAVORATA
1992: 106,87       2014: 131,14           ovvero: + 22,71%
[ Il CLUP macroeconomico ci dice che la dinamica inflazionistica originata dalla Germania è stata inferiore all’1% annuo, ovvero meno della metà di quanto si poneva come obiettivo comune all’Eurozona. Dal 2000 al 2013 il CLUP tedesco è cresciuto in toto dell’ 11%, con un contributo inflattivo endogeno annuo medi dello 0,8%. Le economie nazionali che hanno tenuto la linea concordata dell’inflazione al 2% annuo (vedi Francia) , hanno perso tra il 2000 ed il 2013 ca. il 18% di competitività da prezzo sulla Germania. L’Italia, che ha avuto un aumento del CLUP medio annuo di +2,4%, sforando dunque all’insù dello 0,4%, ha perso in soli 13 anni il 25% di competitività da prezzo sulla Germania ].

( IV )
ATTUALI LIVELLI SALARIALI IN GERMANIA
[ Contributi a carico del lavoratore:.................. ca. 17% ]
[ Contributi a carico del datore di lavoro:............ca. 18% ]
N° DELLE MENSILITÀ in Germania: 12
SALARIO MEDIO MENSILE (al 2015) (ottenuto dividendo il monte stipendi e salari per il numero dei lavoratori dipendenti)
Lordo in busta paga (inclusi oneri dei lavoratori): ca. € 2.710,-- [ca. € 16,30/ h] Netto agli oneri sociali: ca. € 2.250,-- [ca. € 13,50/ h ]
Netto anche alla tassazione: ca. 2.030,-- mensili [ ca. € 12,25 / h ]
REDDITO MEDIANO (al 2015) (salario o stipendio percepito dai lavoratori dipendenti della fascia di mezzo) (in linea di massima, comprendente anche i non salariati, ma essendo la mediana occupata quasi solo da salariati non è sbagliato applicare questo reddito ai salariati)
Lordo: € 2.180,-- [ ca. € 13,10 / h (lordo) ]
Netto agli oneri sociali: ca. 1.810 € [ ca. € 10,90 / h ]
Netto anche alla tassazione: ca. € 1.630,-- [ ca. € 9,80 / h ] PLAFOND DEL 
SALARIO DEL SETTORE BASSO (AL 2015) Lordo: € 1.670,-- [ ca. € 10,00 / h (lordo) ]
Netto agli oneri sociali: ca. 1.370 € [ ca. € 8,30 / h ]
Netto anche alla tassazione: ca. € 1.300,-- [ ca. 7,80 ] SALARIO MINIMO (dal 1.1.2015) = € 8,50 (lordo) / h.
Per chi lavora 40 ore alla settimana = ca. 1.420 al mese (lordo) Salario netto agli oneri e alla tassazione: ca. € 1.130.
SALARI del LAVORO INTERINALE Viene per lo più pagato il SALARIO MINIMO di € 8,50. Quindi, vedi sopra.
MINI-JOBS (lavori per lo più precari e a bassa qualificazione: vedi settore pulizie, gastronomia, distribuzione pacchi ecc. – in genere tra le 20 e le 30 ore
settimanali): LORDO: € 450,-- [ ca. € 5,40 / h ] NETTO: € 432,--.
MIDI-JOBS (vedi sopra: Midi-Job = 2 x Mini-Job) LORDO: € 900,--. NETTO: € 720,--
SALARI DEL LAVORO IN SUBBAPPALTO (per lo più lavoratori rumeni e bulgari). Negli anni scorsi era possibile che un lavoratore in subappalto venisse pagato regolarmente fino a 24 mesi al disotto del salario minimo del settore. Poi doveva passare almeno al salario minimo settoriale. Ora, con l’introduzione del salario minimo generalizzato, il limite massimo è sceso a 9 mesi di franchigia. Tra i lavoratori in subappalto, provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria (a parte il lavoro pagato in nero) sono ancora frequenti salari tra € 3,50 / € 4,50 all’ora.
I MINI-JOBS ed I MIDI-JOBS possono venir sovvenzionati da parte dello Stato. Se il lavoratore non arriva al livello minimo di sussistenza riceve un’integrazione dall’ Agenzia del Lavoro. L’entità della sovvenzione dipende anche dal fatto che abbia o meno parenti a carico. Oltre a questo, in certi casi, riceve anche una sovvenzione per pagarsi l’affitto ed il riscaldamento. Questo modello viene chiamato perciò “Kombi-Lohn” (salario a due parti). Attualmente (primavera del 2016) circa 1,6 mio. di persone occupate con i mini-jobs o parenti di mini- jobber ricevono il sussidio di disoccupazione (chiamato ALG II; vedi sotto). I mini- jobber in senso stretto sono circa 1,35 mio.

MERCATO DEL LAVORO A BASSI SALARI
I tipi di lavori che si collocano nel Niedriglohnsektor, cioè nel mercato del lavoro a bassi salari, sono:
A ) I lavori retribuiti al massimo con un salario massimo di 10 € lordo all’ora (ovvero ca. 1.670 € lordo al mese). Dal 1 / 1 /2015 è il vigore in Germania il salario minimo generalizzato a € 8,50 lordo / ora lavorata. Chi lo percepisce si situa perciò nel Niedriglohnsektor.
  
B ) Mini-jobs: 450,-- al mese // Midijobs: 2 Minijobs al mese Nel 2013: circa 7,5 mio. di persone erano occupate con un mini-job; due terzi dei quali donne. Nel 2003 erano 5,5 mio. di persone. Crescita in un decennio del 36% circa. Da un sondaggio dell’istituto online Panel risultava che circa il 39% degli occupati a part-time al di sotto delle 30 ore settimanali avevano un mini-job.
C ) Lavoro interinale: ca. 1 mio. lavoratori (pagati per lo più con il salario minimo).
D ) Lavoro in subappalto: si stima la cifra di 850.000 lavoratori esteri così occupati.
***INDICE DELLA POVERTÀ: Un single che dispone al massimo di un reddito netto di € 979,- al mese – ovvero 0,6 x salario mediano (€ 1.630 netto al mese) - viene considerato povero. Il 15,5% della popolazione tedesca è considerato tale. Ciò corrisponde a ca. 12,7 milioni di persone.
***SUSSISTENZA PRECARIA (al limite della povertà): circa altri 6,2 mio. di persone.
SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE
ALG I (sussidio di disoccupazione pieno). Per il disoccupato che ha versato almeno per due anni i contributi: il sussidio varia tra il 60% ed il 67% (se ha figli) dell’ultimo salario percepito. Minore è per chi ha versato meno a lungo i contributi.
Periodi massimi in cui viene erogato l’ ALG I:
*almeno 12 mesi di contr. >> 6 mesi    *almeno 16 mesi di contr. >> 8 mesi 
*almeno 24 mesi di contr. >> 10 mesi *almeno 24 mesi di contr. >> 12 mesi
ALG II (erogato *a quanti sono disoccupati oltre i limiti di tempo appena elencati, **a famiglie bisognose in cui nessuno ha un lavoro, oppure *** a chi ha un mini- job non sufficiente alla sussistenza).
––– Oltre all’ ALG II ci sono anche sussidi per l’affitto e il riscaldamento. Tariffario ALG II:
  Per adulti: ............................................€ 404 / mese

Per adulti single fino a 24 anni:...................€ 324 / mese
Per adulti coniugati o simili:........................€ 364 / mese

Per bimbi fino ai 6 anni:............................€ 237 / mese

Per bimbi tra 6 e fino a 13anni:....................€ 270 / mese

Per ragazzi tra 14 e fino a 17anni:.................€ 306 / mese

Nel 2012 lo stato tedesco ha speso ca. 33 mrd. di € per ALG II.


(V)
TASSAZIONE SUGLI UTILI DA CAPITALE PRODUTTIVO
Riforma delle aliquote del 1998: passaggio dal 30% al 25%.
Riforma delle aliquote del 2008: passaggio dal 25% al 15%
A titolo di esempio: risparmio per il capitale produttivo nel 2010, rispetto alla normativa antecedente il 1998, per circa 50 mrd. €.
CONFRONTO CON L’ITALIA:
In Italia l’IRPEG era ancora nel 2000 al 37%. Dal 2004 l’imposta che ha sostituito l’IRPEG, cioè l’IRES, era al 33%. Nel 2008 scendeva a 27,5% e così è ancora quest’anno. Dall’anno prossimo: 24%.
Gap italiano (solo per la tassa sugli utili del capitale): * nel 2000: + 12% nel 2004: * + 8% nel 2008: + 12,5% * dal 2017: + 9%.
In più esiste l’ IRAP (imposta regionale sull’attività produttiva) ovvero: imposta sul valore aggiunto netto che varia dal 3,9% al 4,2%.
Se aggiungiamo pure l’IRAP (introdotta le 1998) (che dovrebbe pesare sul margino operativo per circa il 10%), allora si può dire che il differenziale italiano di tassazione sull’impresa rispetto alla D è stato mediamente almeno del 20%. Una continua corsa ad handicap per acchiappare l’economia leader in Europa.
( VI )
SULLA BILANCIA COMMERICALE E SUL SALDO DELLE PARTITE CORRENTI TEDESCHI
DATI DEL 2014 BILANCIA COMMERCIALE
a ) QUOTA ESPORTAZIONI sul PIL TEDESCO............45,7%

b ) QUOTA IMPORTAZIONI sul PIL TEDESCO............39,1%

c ) GRADO DI APERTURA ECONOMIA TEDESCA [ ovvero ( a + b ) in
RAPPORTO AL PIL ].................................................84,8%.

Con ciò la Germania ha il grado di apertura più alto nel G7. A mo’ di confronto:
USA...............ca. 30%
Cina................ca. 50%
Francia.............ca. 59%
Canada..............ca. 63%
Giappone..........ca. 39%
Italia................ca. 58%
Gran Bretagna.....ca. 59%
UE (28 paesi)......ca. 32%
Solo paesi piccoli o relativamente piccoli hanno gradi di apertura maggiori. Ma questo è normale. Ad esempio:

*Danimarca.........ca.102%           *Austria............ca. 102%
*Svizzera...........ca. 128%          *Olanda............ca. 155%          * Belgio.............ca. 163%.
SCAMBI COMMERCIALI TEDESCHI (2014)
QUOTA EXPORT TED. FATTA all’INTERNO DELLA UE:............... 68% del totale.
QUOTA IMPORT TED. FATTA all’INTERNO DELLA UE:............... 71% del totale.
TOTALE EXPORT (merci + servizi )TEDESCO NEL MONDO nel 2014: ...............................................................................1.333,19 mrd. €
TOTALE IMPORT (merci + servizi )TEDESCO NEL MONDO nel 2014: ...............................................................................1.136,81 mrd. €
NEL 2014:
SALDO ATTIVO.....................................................................196,38 mrd.€
PERCENTUALE SUL PIL TEDESCO DEL SALDO ATTIVO:...............6,7%
QUOTA DEL SURPLUS VERSO L’UE:....................................57,2% del totale
QUOTA DEL SURPLUS VERSO RESTO DEL MONDO:..............43,8% del totale
QUOTA DEL SURPLUS VERSO L’€-ZONA:...........................29,8% del totale.
Ovvero: quasi il 2% del PIL TEDESCO deriva dal surplus commerciale verso gli altri paesi dell’Eurozona. Detto altrimenti: i PIL dei partner tedeschi nell’€Z sono sminuiti di quasi 56,5 mrd. Cioè il loro PIL è risultato sminuito, nel 2014, mediamente dello 0,8%.
Più in dettaglio: SALDO COMMERCIALE TEDESCO
*****CON GLI USA:.........+ 47,5 mrd. di € (pari a ca. lo 0,33% del PIL USA)
*****CON LA GB:............+ 41,8 mrd. di € (pari a ca. lo 1,7% del PIL GB )
*****CON LA FRA.:..........+ 34,5 mrd. di € (pari a ca. lo 1,4% del PIL F )
*****CON L’AUSTRIA:... ..+ 19,8 mrd. di € (pari a ca. lo 5,4% del PIL A)
*****CON LA SPAGNA.:....+ 9,9 mrd. di € (pari a ca. lo 0,9% del PIL E )
*****CON L’ITALIA.....:....+ 5,99 mrd. di € (pari a ca. lo 0,34% del PIL I ).
DATI DEL 2015
A ) SALDO BILANCIA COMMERCIALE TEDESCA:....................236,10 mrd. € 
PERCENTUALE SUL PIL:..............................................................7,8%
B ) SALDO CONTO PARTITE CORRENTI TEDESCO (che include ad esempio, oltre ad (A), in positivo anche i rendimenti di capitale tedesco all’estero e, in negativo, le rimesse degli emigranti in
Germania): ..................................................................................257 mrd. € 
PERCENTUALE SUL PIL:.............................................................8,5%.

ALCUNI DATI SULL’ INTERSCAMBIO COMMERCIALE
GERMANIA-ITALIA IN MILIARDI DI EURO
Fonte: GTAI – AGENZIA BERLINESE PER IL COMMERCIO ESTERO (sponsorizzata dal Bundesministerium für Wirtschaft und Energie) http://www.gtai.de/GT AI/Navigation/DE/Trade/Maerkte/suche,t=deut...land- bleibt-italiens-wichtigster- handelspartner,did=1245522.html
Saldo attivo tedesco:
2000                              2005                      2010                           2014
9,2 mrd.€                    17,6 mrd. €         16,6 mrd. €                 6,5 mrd.
L’ultimo dato sul saldo differisce un poco dalla fonte ufficiale del governo tedesco, cioè dalla DESTATIS, che riporta: 5,99 mrd. di Euro.
[ Breve nota: Nello scarto tra 2000 e 2005 ben si vede l’effetto, espansivo per la D e recessivo per l’I , dell’ introduzione dell’Euro. Poi..... arrivò l’austerità montiana e lo sbilancio si ridimensionò. La Francia, che invece ha rifiutato l’austerità e a cui è concesso da anni un rapporto deficit/pil tra il 4% ed il 5%, ‘imbarca’ regolarmente un deficit commerciale annuo con la Germania tra i 34 e i 36 mrd. di Euro. Rispetto al pareggio nella bilancia commerciale, la F perde ogni anno quasi l’1,5% di PIL per via della sola Germania. ]

SURPLUS DELLA BILANCIA COMMERCIALE TEDESCA DALL’INTRODUZIONE DELL’EURO
In TOTALE (dal 1999 al 2015) :.............................. 2.057,37 mrd. € 
IN PERCENTUALE SUL PIL TEDESCO
1999..................0,7%                        2000..................0,3%
2001..................1,8%                        2002..................4,4%
2003..................3,7%                        2004..................5,0%
2005..................5,1%                        2006..................5,3%
2007..................6,6%                        2008..................6,0%
2009..................4,9%                        2010..................5,2%
2011..................4,9%                        2012..................6,1%
2013..................6,0%                        2014..................6,7%
2015..................7,8%.

2014: VOCI PRINCIPALI ED IMPATTO DELLA BILANCIA COMMERCIALE TEDESCA
Come campione prendiamo il 2014, che rispecchia bene la composizione delle voci principali del commercio tedesco con il resto del mondo.
ESPORTAZIONI:
AUTOMOTIVE (automobili, camion, ecc.)...............17,9% dell’export totale
MECCANICA (macchine utensili, attrezz. ecc.)......14,5% dell’export totale
CHIMICA.................................................................9,4% dell’export totale
IMPORTAZIONI:
ATTREZZATURE ELETTRONICHE ED ELETTRICHE.........................................................9,7% dell’import totale PETROLIO...............................................................9,0% dell’import totale.

( VII )
LA NATURA DEL SURPLUS TEDESCO NELLA BILANCIA COMMERCIALE
Da quando si è diffuso il sistema capitalistico esistono tre tipi base di dinamiche che conducono a surplus strutturali nella bilancia commerciale.
a ) Quando un paese possiede rilevanti risorse naturali – come derrate alimentari, metalli o fonti energetiche come gli idrocarburi – fortemente richieste sul mercato mondiale, ma non ha un’economia sviluppata, subito si formano dei surplus. Se poi il paese stesso, per le sue dimensioni, oppure per scelte politiche, non avvia uno sviluppo economico equilibrato e variegato, importando tecnologie e capitali, allora i surplus diventano stabili. Esempi ne sono, da alcuni decenni, i paesi arabi.
b ) Quando un paese ha un grande vantaggio tecnologico, ha sviluppato nuovi prodotti, assai appetibili sul mercato, ed è in grado, per via di aumenti della produttività, di offrire anche beni tradizionali a prezzi minori, allora si forma un surplus strutturale della bilancia commerciale. Un surplus che durerà finché non sarà stato raggiunto dagli altri paesi sviluppati. Due esempi eclatanti. La Gran Bretagna nel XIX secolo, gli USA nel XX secolo.
c ) Quando un paese non sviluppato, o colpito da guerre o calamità naturali, ha a disposizione molta forza-lavoro a basso costo, o a costi comparativamente bassi, proprio a partire da ciò può avviare un processo di sviluppo, usando come leva anche il surplus commerciale. Non solo, attira anche investimenti esteri, di modo che anche la bilancia dei pagamenti segni un surplus. Un recente esempio è la Cina. Ma non è neppure il caso di andare così lontano. L’Italia stessa, la Francia, la Germania, in generale i paesi dell’Europa occidentale, seguirono questo percorso nel secondo dopoguerra, soprattutto tra il 1947 ed il 1960. Furono favoriti dal Piano Marshall e dall’atteggiamento americano e di altri paesi anglosassoni che assorbirono quel surplus facendo politiche espansive.
Nulla poi vieta che nascano situazioni o strategie in cui si coniugano quei modelli. Ad esempio, negli anni settanta e ottanta, il Giappone e la Germania divennero leader nell’export. Non solo, la cosa più rilevante è che accumularono regolarmente dei surplus combinando grande efficienza organizzativa, alti livelli tecnologici e politiche salariali controllate, cosicché poterono offrire sul mercato buoni prodotti, spesso all’avanguardia, a prezzi contenuti. La conseguenza, voluta, fu il rafforzamento della loro moneta, affinché potesse attrarre capitali e concorrere con il dollaro statunitense. Questo mix non piacque mai agli USA e agli altri partner europei, che si aspettavano da JAP e D politiche più espansive sul modello americano degli anni ’50 e ’60. Ma queste politiche non arrivarono mai. Anzi, no. Ci fu un’eccezione interessante. Nel 1978 l’allora cancelliere Helmut Schmidt cedette alle pressioni degli alleati. Nel ’78-’79 partì la locomotiva tedesca... ma si fermò quasi subito. Infatti, presto iniziarono le grandi manovre della Bundesbank per tagliare l’erba sotto i piedi all’SPD. La BuBa alzò i tassi d’interesse, per ‘raffreddare‘ l’economia e la corsa alla piena occupazione.
Non solo. La CDU, guidata da Helmut Kohl, iniziò una campagna massiccia, segnalando i pericoli per la concorrenzialità dell’economia tedesca. I liberali, allora alleati e al governo con la SPD, iniziarono a dialogare con Kohl. Schmidt arrestò rapidamente la locomotiva. Ma era già troppo tardi. Nel 1982 fu messo in minoranza in parlamento e si formò la maggioranza CDU – FDP(liberali). Troppo spesso si sentono giornalisti parlare a vanvera della forza trainante della “locomotiva tedesca“, ma è un grossolano equivoco. È impossibile che una nazione faccia da locomotiva, regionale o globale, dello sviluppo economico senza un deficit nella bilancia commerciale. Gli USA lo fanno da decenni. In Europa l’hanno fatto di volta in volta la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia, in misura minore la Spagna. Con politiche espansive o anche solo per dinamiche interne ai consumi, sono queste le economie che hanno trainato l’economia tedesca nei suoi successi mercantilistici. Chi ha surplus commerciali si comporta come chi, in gergo ciclistico, ‘succhia la ruota’.
Ma che dire ora del caso tedesco, dal dopo unificazione ai giorni nostri? Come spiegare dei surplus commerciali così forti e crescenti? L’efficienza organizzativa e tecnologica tedesca è fuori di dubbio, ma non siamo affatto nel caso ( b ). Non è avvenuta alcuna rivoluzione tecnologica, uscita dal ventre della Germania. Del resto, in tempi di globalizzazione, con la rapida circolazione delle informazioni, delle tecnologie, dei capitali, della forza-lavoro, dei ricercatori, sembra addirittura impossibile pensare ad un vantaggio tecnologico duraturo per chicchessia. Solo la compressione salariale, ingiustificata, visto l’aumento non enorme ma regolare della produttività, e la conseguente inibizione del mercato interno spiegano l’attuale surplus tedesco nella bilancia commerciale. Del resto abbiamo visto che la Germania ha accumulato poco alla volta un vantaggio competitivo da prezzo tra il 25% ed il 30% su Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda.
E poi c’ è un secondo pilastro su cui poggia il surplus: l’Euro.
1 ) Con l’euro sono spariti gli ostacoli monetari alla strategia di penetrazione sui mercati all’interno dell’eurozona. Basti pensare che la Francia da 10 anni fa registrare un deficit commerciale con la Germania di circa 35 mrd. di €, anno dopo anno.
2 ) Ma non è ancora finita. C’è un altro vantaggio, ancora superiore per l’export tedesco. *Siccome la moneta in cui si fattura ed in cui si ricevono i pagamenti è l’Euro e non il DM; **siccome per i rapporti di cambio con le altre monete, non conta l’entità del surplus tedesco con i paesi extra-eurozona, ma l’entità del surplus dell’eurozona sul resto del mondo; ***siccome questo non è mai stato né del 4%, né del 5%, né del 7% del PIL sul resto del mondo, bensì è stato mediamente, negli ultimi 11 anni, dello 0,4% del PIL dell’intera Eurozona, ****allora l’Euro non si rivalutava né si rivaluta mai troppo, rendendo ancor più competitive le merci tedesche. Sempre senza andare molto lontano, da anni la Gran Bretagna accumula un deficit commerciale con la Germania tra i 25 e i 50 mrd. di €. Sempre anno dopo anno.
La conclusione è semplice: dal 1999 la Germania ha praticato e pratica la strategia ( c ) – senza però esser un paese in via di sviluppo. Nemmeno i giapponesi sono riusciti in questa impresa. Infatti, hanno lo Yen e attorno non hanno un’area economica a moneta unica.
A parte i guai che si sono accumulati nell’Eurozona da qualche anno a questa parte, è giusto anche chiedersi quale impatto la strategia tedesca abbia avuto sul mercato interno e sull’occupazione, interna ed esterna.

( VIII)

IMPATTO SUL MERCATO INTERNO DEI SURPLUS COMMERCIALI
(A)
L’equazione base nella contabilità nazionale, vista dal punto di vista del suo impiego, è questa:
Y = C + G + I + ( X– M ).
Con "Y”, si intende il prodotto interno lordo (il valore aggiunto prodotto nel corso dell’anno + le imposte indirette – le sovvenzioni ai settori economici). Con “C”, l’insieme del consumo delle famiglie. Con “G”, il consumo dello stato, che comprende sia le spese correnti, che gli investimenti pubblici. Con “I”, gli investimenti delle imprese in macchine, strutture, gli stock di merce aggiuntisi in un anno agli inventari delle imprese, le spese di energia e simili. In più, sotto la rubrica “I” si conteggiano anche gli investimenti nell’edilizia abitativa privata. Con “X”, il volume monetario delle esportazioni di beni e di servizi. Con “M”, il volume monetario delle importazioni di merci e servizi.
“X – M” è dunque il saldo della bilancia commerciale (e dei servizi). Lo potremmo anche chiamare il saldo tra la formazione del reddito interno causata dalla domanda estera e la mancata formazione di reddito interno per via delle importazioni dall’estero. Concettualmente, quando c’è un surplus, è da considerarsi a tutti gli effetti consumo esterno, poiché quel consumo è servito dalla produzione interna. Dunque dobbiamo ritrovare qualcosa in più nelle formazione di Y.  Ovviamente, se è nullo, il consumo esterno da aggiungere nel conteggio di Y è uguale a zero. Se invece è negativo, abbiamo a che fare con una voce ‘consumistica’  che sminuisce l’importo di C+G+I, il che significa che una parte del consumo o gli investimenti di quell’anno è stata servita con beni e servizi importati in sovrappiù rispetto a quelli esportati. Il che significa che non è tutto oro quel che luccica. Il benessere che si è diffuso, è stato in un certo senso acquistato a credito e la produzione interna (la formazione interna di reddito) è inferiore all’insieme dei consumi privati e pubblici. Ovviamente, in questo caso, da qualche parte del mondo vi corrisponde un surplus commerciale.
Analizziamo ora più a fondo la situazione del surplus nella bilancia commerciale. Data l’equazione iniziale, è evidente che vale pure l’equazione: Y – (X–M) = C + G + I. Se per ipotesi ammettiamo *che il PIL di un paese ( Y ) per due anni non cambi, **che pure i prezzi non siano cambiati, ***che nel primo anno (X–M) sia nullo (bilancia commerciale in equilibrio), ma ****che poi nel secondo anno, (X–M) formi un surplus per il 10% del PIL (Y), allora ***** necessariamente l’insieme di C + G + I sarà calato del 10%. Dunque, ogni surplus commerciale di un qualsiasi importo sminuisce, per definizione, i consumi interni, delle famiglie o dello stato, o gli investimenti.
È evidente che questo succede anche quando Y aumenta. Solo che in questo caso, spesso, la verità che abbiamo appena appurato, non appare, risulta come mascherata. Per di più, a livello nominale, raramente il PIL resta al palo o regredisce. Di solito aumenta. Così, anche in presenza di un forte surplus commerciale (un X–M fortemente positivo), con una aumento del PIL nominale o reale, si ha l’impressione che, crescendo ogni voce, non sussista una relazione contraria tra la dinamica di X–M da un lato, e di C+G+I, dall’altro. Ed invece è sempre così. Quando un paese in via di sviluppo usa un surplus commerciale come volano per la crescita ed il rinnovamento della propria economia, limita automaticamente i propri consumi. Se è ben governato, curerà che aumentino gli investimenti privati e pubblici, facendo sacrifici sul lato dei consumi. Una volta avvicinatosi ai paesi più sviluppati, arriverà il tempo di espandere il mercato interno e di premiare i consumi. Ad esempio è quanto la Cina ha iniziato a fare.
***
Dunque, che è successo a livello macroeconomico, all’economia tedesca? Facciamo due conti. Tra il 1999 ed il 2015 il PIL tedesco ha avuto una crescita cumulata, in termini nominali, di 957,23 miliardi di €.
Nello stesso periodo la Germania ha accumulato un surplus della bilancia commerciale di 2.057,37 miliardi di €.
La differenza è di 1.100,14 miliardi di €. Ciò significa né più né meno che l’insieme dei consumi privati e dello stato e degli investimenti (C+G+I) è stato sminuito-rimosso (verdrängt, in tedesco, crowded out, in inglese) di quell’importo. Non entro nei dettagli, ma a mio modo di vedere, gli investimenti produttivi sono stati compressi di almeno 176 miliardi (poiché gli investimenti industriali sono stati inferiori, per quella cifra, agli ammortamenti), i consumi di almeno 700 miliardi di €, i consumi dello stato di circa 210 miliardi di €. Lo desumo dal rapporto percentuale in C+G. Questo è stato il prezzo per conquistarsi a tutti gli effetti i galloni di “Export-Nation”. Avete letto bene, il tedesco medio, il giornalista medio, quasi tutti i politici tedeschi ragionano secondo queste categorie: ci sono “Export-Nationen” e ci sono “Import-Nationen”. Le prime sono ovviamente brave, capaci e parsimoniose, le seconde incapaci oppure dedite allo scialo. Le prime sono le formiche, le seconde le cicale. Così in basso è caduto il “popolo dei poeti e dei pensatori” (das Volk der Dichter und Denker).
(B)
Ma come stanno le cose a livello manifatturiero,? Quali sono gli effetti di un mercantilismo così prolungato (quindici anni non sono pochi)? È presto detto: all’accrescimento del potenziale produttivo tedesco corrisponde all’estero, soprattutto nell’eurozona, una distruzione di potenziale produttivo, soprattutto una riduzione della manifattura. I settori in cui maggiormente è avvenuta la ridefinizione degli apparati produttivi sono stati il settore automobilistico, la produzione di macchine utensili e degli impianti industriali e la chimica. Pure in questi settori si è anche avuto il maggiore brain drain (drenaggio di cervelli) dai paesi ‘periferici’ verso la Germania. E qual è stato l’impatto occupazionale di questo quindicennio? È possibile affrontare l’argomento da vari punti di vista. Provo a proporne uno adesso.
Il saldo della bilancia commerciale tedesca con il resto del mondo è stato nel 2014 di 196,38 miliardi. Ma il surplus è tale perché la Germania fa segnare sul foglio delle importazioni anche le materie prime. In quell’anno il valore degli idrocarburi importati era pari a 83 mrd. di €. Quello dei metalli di circa 50 mrd. di €. Se però detraiamo queste voci, allora il surplus tedesco nel settore manifatturiero è di circa 330 mrd. di €. E sappiamo che è qui che si suona la musica a livello occupazionale, poiché, mentre i settori delle materie prime non occupano percentualmente molta manodopera, la manifattura ed i servizi hanno un forte impatto occupazionale.
Nel 2014 la somma totale del valore aggiunto dell’economia tedesca è stata di 2.623,09 mrd. di euro. Prendo questo dato perché non comprensivo delle imposte indirette. Così si possono confrontare meglio i volumi dell’impulso alla produzione manifatturiera tedesca, originato dal surplus manifatturiero. Orbene, 330 mrd. sono il 12,6% dell’intero valore aggiunto tedesco di quell’anno. Si noti, quei 330 mrd. di € non sono puro valore aggiunto, bensì ricavi, cioè quanto realizzato vendendo quel surplus manifatturiero. Ricavi che devono coprire, oltre ai salari e agli utili delle imprese, anche gli altri input: materie prime, semilavorati, energia, ecc.
*Poiché il costo del lavoro incide per circa il 40% sui ricavi, allora questo, applicato ai 330 mrd. di surplus manifatturiero del 2014, corrisponde a circa a 132 mrd.
**Poiché il costo del lavoro medio annuo per addetto nel 2014 è stato in Germania di 38.709 €, allora dividendo i 132 mrd. di € per 38.709 €, risulta che il surplus manifatturiero della bilancia commerciale tedesca occupava ca. 3,41 mio. di dipendenti.
***Sapendo poi che la quota di lavoratori indipendenti che si aggiunge all’insieme dei lavoratori indipendenti è in Germania del 10%, allora otteniamo l’insieme delle persone occupate per via di quel surplus ammonta a ca. 3.750.000.
VERIFICA: La somma totale degli occupati nel 1999 era di 39.031.000 persone, mentre nel 2014 era di 42.703.000. L’occupazione in Germania è dunque cresciuta, in quel periodo, di 3.672.000 unità. Una cifra non lontana dalla nostra stima.
Con questo non voglio sostenere che tutti i posti di lavoro aggiuntivi siano sorti nel o per il settore dell’ export manifatturiero. Sappiamo anzi che è avvenuto un grande rimescolamento nel mercato del lavoro tedesco, che in molti settori si è razionalizzato, espellendo manodopera, la quale poi ha trovato occupazioni più precarie e peggio pagate, oppure che è stata riqualificata e assunta nei settori più produttivi. L’analisi di questi intrecci sarebbe necessariamente molto complessa. Mi preme però constatare che la forte riduzione della disoccupazione in Germania è circa della stessa entità di occupazione indotta, direttamente o indirettamente, dal surplus della bilancia commerciale manifatturiera tedesca.
E sull’estero, come stanno le cose? Se circa il 40% del surplus manifatturiero viene piazzato nell’eurozona, allora la grande performance del surplus tedesco ha ‘rubato’ nella zona a moneta unica quantomeno 1,5 milioni di posti di lavoro (dipendente e indipendente).
Perché scrivo “quantomeno”? Per via dell’effetto del moltiplicatore della domanda aggregata. Infatti, a contrazioni di reddito di 1 € corrisponde una contrazione indotta superiore, visto che coloro ai quali viene a mancare del reddito, reagiscono consumando di meno, il che ha ulteriori effetti sugli altri redditi. La stessa cosa, accade dunque con i posti di lavoro. Ora, se mettiamo in conto un moltiplicatore di 1,6 – e si è visto che con le recenti strette fiscali nell’eurozona questo è stato suppergiù il coefficiente che ha agito sulla domanda aggregata – allora i posti di lavoro persi nell’eurozona solo per via del surplus tedesco, dovrebbero essere all’incirca 2,4 milioni. Si noti, questa cifra non mette affatto in conto le politiche di austerità fiscale.
Heidelberg, 6 / 6 / 2016 Beppe Vandai
per
***Volta La Carta!! e. V. - Heidelberg
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e

***RISORSE - Associazione per capire meglio l'economia – Treviglio
http://www.risorse-associazione.it 



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