DATI
E RIFLESSIONI SULL’ECONOMIA TEDESCA
[SCHEDA
di Beppe Vandai per RISORSE – Treviglio]
Con la scheda offro alcuni dati sul quadro macroeconomico tedesco e sulla
sua dinamica. In essi si rispecchiano le scelte di politica economica fatte in
Germania da dopo la riunificazione e dall’introduzione della moneta unica. I
dati sono scelti soprattutto in base alla loro rilevanza per il commercio
estero tedesco in generale, verso l’eurozona in particolare.
Nei paragrafi da I a VI troverete soprattutto dati. Negli ultimi due (VII e
VIII) azzardo alcune stime sull’impatto della politica economica tedesca sia
sulla manifattura che sull’occupazione in Germania e nell’ Eurozona. I dati e
le stime mi portano a concludere che siamo di fronte ad un mercantilismo competitivo
aggressivo e senza dubbio pernicioso per l’integrazione europea.
*** Le fonti da cui ho attinto gran parte dei dati sono:
Statistisches Bundesamt (Destatis). Volkswirtschaftliche
Gesamtrechnungen, Fachserie 18, Reihe 1.5 del 29/02/2016. Documento scaricabile,
vedi LINKS: https://www.destatis.de/DE/Publikationen/Thematisch/VolkswirtschaftlicheGesa
mtrechnungen/Inlandsprodukt/InlandsproduktsberechnungVj.html e https://www.destatis.de/DE/Publikationen/Thematisch/VolkswirtschaftlicheGesa
mtrechnungen/Inlandsprodukt/InlandsproduktsberechnungVjPDF_2180120.pdf?_
_blob=publicationFile
Statistisches Bundesamt (Destatis). Statistisches
Jahrbuch 2015 – Kapitel 13: der Arbeitsmarkt, Berlin August 2015.
Vedi: https://www.destatis.de/DE/Publikationen/StatistischesJahrbuch/Arbeitsmarkt.pdf
;jsessionid=8B8F81B392A1A6F1B5349863BC0DD01E.cae2?__blob=publicatio nFile
Fakten zum deutschen Außenhandel 2014. A cura del Bundesministerium
für Wirtschaft und Energie (Ministero federale dell’economia e
dell’energia) - Berlin Mai 2015.
Vedi:http://www.bmwi.de/BMWi/Redaktion/PDF/F/fakten-zum- deutschen-aussenhandel
2013,property=pdf,bereich=bmwi2012,sprache=de,rwb=true.pdf
GTAI – Agenzia berlinese per il commercio estero (sponsorizzata dal
Bundesministerium für Wirtschaft und Energie)
http://www.gtai.de/GT
AI/Navigation/DE/Trade/Maerkte/suche,t=deut...land-
bleibt-italiens-wichtigster- handelspartner,did=1245522.html
Entwicklung der Löhne in Deutschland bis 2015 | Statistik http://de.statista.com/statistik/daten/studie/152761/umfrage/entwicklung-der-loehne-in-
deutschland/
Veränderung der Bruttolöhne und -gehälter in
Deutschland bis 2015 | Statistik http://de.statista.com/statistik/daten/studie/75731/umfrage/entwicklung-der-bruttoloehne-
in-deutschland/
Arbeitsentgelt – Wikipedia. Vedi:
https://de.wikipedia.org/wiki/Arbeitsentgelt#Steuern_und_Sozialabgaben
Die Lohnentwicklung in Deutschland, saggio di
Alexander Ulrich (parlamentare di Die Linke).
Vedi:https://www.google.it/?client=safari#q=Die+Lohnentwicklung+in+DeutschlandVo
n+Alexander+Ulrich&gfe_rd=cr
Geringfügige Beschäftigung – Wikipedia. Vedi:
https://de.wikipedia.org/wiki/Geringfügige_Beschäftigung
Imposta sul reddito delle società - Wikipedia Vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Imposta_sul_reddito_delle_società
Inflationsrate in Deutschland bis 2015 | Statistik – Vedi:
http://de.statista.com/statistik/daten/studie/1046/umfrage/inflationsrate-veraenderung-des-
verbraucherpreisindexes-zum-vorjahr/
Körperschaftsteuer (Deutschland) – Wikipedia. Vedi:
https://de.wikipedia.org/wiki/Körperschaftsteuer_(Deutschland)
Bundesbank:
leistungsbilanz_der_bundesrepublik.jpg 650×588 Pixel. Vedi:
https://www.bundesbank.de/Redaktion/DE/Bilder/Geld_und_Geldpolitik/leistungsbilanz_der_bun
desrepublik.jpg?__blob=poster&v=7
Mindestlohn – Wikipedia. Vedi:
https://de.wikipedia.org/wiki/Mindestlohn Mittleres Einkommen –
Wikipedia. Vedi:
https://de.wikipedia.org/wiki/Mittleres_Einkommen
Niedriglohn –
Wikipedia. Vedi: https://de.wikipedia.org/wiki/Niedriglohn
Reale und nominale Lohnentwicklung | bpb. Vedi:
http://www.bpb.de/nachschlagen/zahlen-und-fakten/soziale-situation-in-
deutschland/61766/lohnentwicklung
***
(I)
ABITANTI
DELLA GERMANIA: circa 82 mio. ( a fine 2015) Fonte: WIKIPEDIA
DINAMICA
DEL PIL TEDESCO a prezzi correnti nella fase dell’Euro:
( A ) ( B ) ( C )
PIL nominale OCCUPATI PIL per OCCUP. + in% di ( C )
(in miliardi)
1999:
€
2.064,88......≈ 38,9 mio............. €
52.904 -------------
2002:
€
2.209,29...... ≈ 39,5 mio. .......... €
55.748 5,38
2005:
€
2.300,86...... ≈ 39,2 mio. ........... € 58.507 4,95
2008:
€
2.561,74......≈ 40,8 mio. ............ € 62.702 7,17
2011:
€
2.703,12......≈ 41,5 mio. ............ € 65.015 3,69
2014:
€
2.915,65......≈ 42,6 mio. ............ € 68.277 5,02
2015:
€
3.025,90......≈ 43 mio. ............... € 70.317 2,99
( II )
DATI
SULL’ OCCUPAZIONE A FINE 2015 – INIZIO 2016
a )
TOT. OCCUPATI.................................. ≈ 43 mio.
b )
TOT. LAV. DIPEND.............................. ≈ 39,2 mio. di cui:
c )
LAVORATORI PART-TIME + MINI-JOBS......... ≈ 11 m
d )
TOT. DISOCCUPATI.............................. ≈ 2,8 mio. [ pari a ca. il 6,6 %
di (b+c+d)]
e )
LAVORATORI SCORAGGIATI..............≈ 1 mio.
f )
LAVORATORI SOTTO-OCCUPATI..........≈ 1,5 mio.
g ) d
+ e + f = ≈. 5,3 mio.
SETTORE
A BASSI SALARI..................≈10 mio. [ 23,1% di (a) ] [ di cui: Min- jobs:
ca. 8 mio + Lavoro interinale: ca. 1,2 mio. + Lavori in subappalto: ca. 0,85
mio. ]
NOTA: A
partire dal 1992 circa, in Germania si è acceso un forte dibattito su come
rendere più concorrenziale il paese con la riduzione dei sussidi di
disoccupazione, una migliore mobilità e qualificazione della forza-lavoro e
creando un largo ed efficiente mercato del lavoro a bassi salari. Un salto di
qualità si è avuto nel 1999, da quando l’allora ministro delle finanze del
governo Schröder, il socialdemocratico O. Lafontaine, dovette abbandonare il
governo e uscì dal suo partito, la SPD. Lafontaine, un keynesiano convinto, era
un oppositore di quei piani di riforma. Una volta partito Lafontaine e
sostituito con H. Eichel, Schröder e i ‘blairiani’ della SPD imprimevano una
svolta, facendo loro molte richieste confindustriali. Fu varata la Agenda 2010:
un programma ispiratore di riforme che influivano sulla competitività
dell’economia tedesca. Riforme che entrarono in vigore o a pieno regime tra il
2003 ed il 2005. Oltre a ciò – con l’iniziativa Bündnis für Arbeit (Accordo per
il lavoro) – il governo Schröder promosse un accordo tra la unione industriali
tedesca e DGB (il sindacato unitario dei lavoratori) per un decennio di aumenti
salariali moderati, al massimo pari all’aumento della produttività. In realtà
nemmeno questa verrà onorata nei salari. In cambio il DGB ottenne assicurazioni
sul calo della disoccupazione. Va detto che il sindacato fu pesantemente
ricattato con la minaccia di ampie delocalizzazioni. Poco alla volta il quadro
salariale in Germania mutò. Il DGB lamentava ancora di recente una forte e
crescente sperequazione salariale. Si potrebbe dire: “chi è causa del suo
mal...”. Ma vediamo quel che accadde.
( III )
DINAMICA
SALARIALE TEDESCA DAL 1992 AL 2014
La
scelta del periodo non è casuale. Il ’92 è infatti l’anno in cui inizia a
dispiegarsi con vigore la stretta monetaria della Bundesbank, allarmata
dall’impennata inflazionistica (+ 4,5% nel ‘91) seguita all’ unificazione tedesca.
La Buba alzò il tasso di sconto, portandolo in tre tappe all’ 8,75%. Molti si
ricorderanno gli sconquassi nello SME, l’uscita dell’ Italia e della Gran
Bretagna dal sistema monetario – seguite tre anni dopo dalla Francia – il
dissolvimento sostanziale, anche se non formale dello SME. Disincentivati gli
investimenti, la disoccupazione in Germania iniziò a salire, i lavoratori si
trovarono sempre più sotto pressione. Iniziò il ‘canto delle sirene’ da parte
dei partiti di governo (cristianodemocratici e liberali), delle associazioni
imprenditoriali e di quasi tutti gli economisti tedeschi, affinché ci fosse la
massima moderazione salariale, affinché l’economia tedesca diventasse più
concorrenziale, affinché iniziasse una nuova fase di sviluppo trainata dalle
esportazioni. La ‘festa’ della riunificazione andava considerata finita. Da
allora iniziò di fatto la fase dell’austerità e del congelamento salariale.
Traggo i dati che riporto qui sotto da documenti della Destatis, il
corrispettivo tedesco dell’Istat. I dati si riferiscono ai settori manifatturiero
e ai servizi. La Destatis stessa ammette che sono fedeli soprattutto per le
medie e grandi imprese. Non lo sono invece per le piccole attività, quelle non
sindacalizzate. C’è dunque una vasta zona grigia che sfugge alle rilevazioni ed
in cui è molto probabile che le cose siano andate peggio.
ANDAMENTO
DEI SALARI REALI (salari nominali – inflazione):
FASE
1992 – 1998: – 2,0%
FASE
1998 – 2010: – 1,4%
FASE
2010 – 2014: + 3,4%
ovvero:
1992 – 2014 (22 anni) : 0.
Si
badi bene che nel frattempo la produttività del lavoro in Germania aumentò
così:
DINAMICA
DELLA PRODUTTIVITÀ del LAVORO, ottenuta dividendo il PIL REALE (detratta
l’inflazione) per il numero degli occupati oppure per il n° di ore lavorate. [
Vedi pag. 52 di Volkswirtschaftliche Gesamtrechnungen, Fachserie 18, Reihe
1.5 del 29/02/2016 ]
***Sistema
di calcolo: Preso come anno base il 1991 – datogli il valore
100 –: a ) PRODUTTIVITÁ PER OCCUPATO
1992:
103,27 2014: 121,92 ovvero: + 18,06%
ovvero:
sviluppo annuo lineare di circa + 0,77%
b )
PRODUTTIVITÁ PER ORA LAVORATA
1992:
102,53 2014: 138,64 ovvero: + 35,22%.
ovvero:
sviluppo annuo lineare di circa + 1,38%
DINAMICA
DEL COSTO DEL LAVORO PER UNITÀ DI PRODOTTO
(CLUP)
a livello macroeconomico
CLUP
= COSTO DEL LAVORO NOMINALE : PRODUTTIVITÀ REALE
***Sistema di
calcolo: Preso come anno base il 1991 – datogli il valore 100 –:
a )
CLUP PER OCCUPATO
1992: 106,79 2014: 130,90
ovvero: + 22,58%
ovvero:
sviluppo annuo lineare = ca. + 0,93%
b )
CLUP PER ORA LAVORATA
1992:
106,87 2014: 131,14 ovvero: + 22,71%
[ Il
CLUP macroeconomico ci dice che la dinamica inflazionistica originata dalla
Germania è stata inferiore all’1% annuo, ovvero meno della metà di quanto si
poneva come obiettivo comune all’Eurozona. Dal 2000 al 2013 il CLUP tedesco è
cresciuto in toto dell’ 11%, con un contributo inflattivo endogeno annuo medi
dello 0,8%. Le economie nazionali che hanno tenuto la linea concordata
dell’inflazione al 2% annuo (vedi Francia) , hanno perso tra il 2000 ed il 2013
ca. il 18% di competitività da prezzo sulla Germania. L’Italia, che ha avuto un
aumento del CLUP medio annuo di +2,4%, sforando dunque all’insù dello 0,4%, ha
perso in soli 13 anni il 25% di competitività da prezzo sulla Germania ].
( IV )
ATTUALI
LIVELLI SALARIALI IN GERMANIA
[
Contributi a carico del lavoratore:.................. ca. 17% ]
[
Contributi a carico del datore di lavoro:............ca. 18% ]
N°
DELLE MENSILITÀ in Germania: 12
SALARIO
MEDIO MENSILE (al 2015) (ottenuto dividendo il monte stipendi e salari per il
numero dei lavoratori dipendenti)
Lordo
in busta paga (inclusi oneri dei lavoratori): ca. € 2.710,-- [ca. € 16,30/ h]
Netto agli oneri sociali: ca. € 2.250,-- [ca. € 13,50/ h ]
Netto anche alla
tassazione: ca. 2.030,-- mensili [ ca. € 12,25 / h ]
REDDITO
MEDIANO (al 2015) (salario o stipendio percepito dai lavoratori dipendenti
della fascia di mezzo) (in linea di massima, comprendente anche i non
salariati, ma essendo la mediana occupata quasi solo da salariati non è
sbagliato applicare questo reddito ai salariati)
Lordo:
€ 2.180,-- [ ca. € 13,10 / h (lordo) ]
Netto agli oneri sociali: ca. 1.810 € [
ca. € 10,90 / h ]
Netto anche alla tassazione: ca. € 1.630,-- [ ca. € 9,80 / h
] PLAFOND DEL
SALARIO DEL SETTORE BASSO (AL 2015) Lordo: € 1.670,-- [ ca. €
10,00 / h (lordo) ]
Netto
agli oneri sociali: ca. 1.370 € [ ca. € 8,30 / h ]
Netto anche alla tassazione:
ca. € 1.300,-- [ ca. 7,80 ] SALARIO MINIMO (dal 1.1.2015) = € 8,50 (lordo) /
h.
Per chi lavora 40 ore alla settimana = ca. 1.420 al mese (lordo) Salario
netto agli oneri e alla tassazione: ca. € 1.130.
SALARI
del LAVORO INTERINALE Viene per lo più pagato il SALARIO MINIMO di € 8,50.
Quindi, vedi sopra.
MINI-JOBS
(lavori per lo più precari e a bassa qualificazione: vedi settore pulizie,
gastronomia, distribuzione pacchi ecc. – in genere tra le 20 e le 30
ore
settimanali): LORDO: € 450,-- [ ca. € 5,40 / h ] NETTO: € 432,--.
MIDI-JOBS
(vedi sopra: Midi-Job = 2 x Mini-Job) LORDO: € 900,--. NETTO: € 720,--
SALARI
DEL LAVORO IN SUBBAPPALTO (per lo più lavoratori rumeni e bulgari). Negli anni
scorsi era possibile che un lavoratore in subappalto venisse pagato
regolarmente fino a 24 mesi al disotto del salario minimo del settore. Poi
doveva passare almeno al salario minimo settoriale. Ora, con l’introduzione del
salario minimo generalizzato, il limite massimo è sceso a 9 mesi di franchigia.
Tra i lavoratori in subappalto, provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria (a
parte il lavoro pagato in nero) sono ancora frequenti salari tra € 3,50 / €
4,50 all’ora.
I
MINI-JOBS ed I MIDI-JOBS possono venir sovvenzionati da parte dello Stato. Se
il lavoratore non arriva al livello minimo di sussistenza riceve
un’integrazione dall’ Agenzia del Lavoro. L’entità della sovvenzione dipende
anche dal fatto che abbia o meno parenti a carico. Oltre a questo, in certi
casi, riceve anche una sovvenzione per pagarsi l’affitto ed il riscaldamento.
Questo modello viene chiamato perciò “Kombi-Lohn” (salario a due parti).
Attualmente (primavera del 2016) circa 1,6 mio. di persone occupate con i
mini-jobs o parenti di mini- jobber ricevono il sussidio di disoccupazione
(chiamato ALG II; vedi sotto). I mini- jobber in senso stretto sono circa 1,35
mio.
MERCATO DEL LAVORO
A BASSI SALARI
I tipi
di lavori che si collocano nel Niedriglohnsektor, cioè nel mercato del
lavoro a bassi salari, sono:
A ) I
lavori retribuiti al massimo con un salario massimo di 10 € lordo all’ora
(ovvero ca. 1.670 € lordo al mese). Dal 1 / 1 /2015 è il vigore in Germania il
salario minimo generalizzato a € 8,50 lordo / ora lavorata. Chi lo percepisce
si situa perciò nel Niedriglohnsektor.
B )
Mini-jobs: 450,-- al mese // Midijobs: 2 Minijobs al mese Nel 2013: circa 7,5
mio. di persone erano occupate con un mini-job; due terzi dei quali donne. Nel
2003 erano 5,5 mio. di persone. Crescita in un decennio del 36% circa. Da un
sondaggio dell’istituto online Panel risultava che circa il 39% degli occupati
a part-time al di sotto delle 30 ore settimanali avevano un mini-job.
C )
Lavoro interinale: ca. 1 mio. lavoratori (pagati per lo più con il salario
minimo).
D )
Lavoro in subappalto: si stima la cifra di 850.000 lavoratori esteri così
occupati.
***INDICE
DELLA POVERTÀ: Un single che dispone al massimo di un reddito netto di € 979,-
al mese – ovvero 0,6 x salario mediano (€ 1.630 netto al mese) - viene
considerato povero. Il 15,5% della popolazione tedesca è considerato tale. Ciò
corrisponde a ca. 12,7 milioni di persone.
***SUSSISTENZA
PRECARIA (al limite della povertà): circa altri 6,2 mio. di persone.
SUSSIDI
DI DISOCCUPAZIONE
ALG I
(sussidio di disoccupazione pieno). Per il disoccupato che ha versato almeno
per due anni i contributi: il sussidio varia tra il 60% ed il 67% (se ha figli)
dell’ultimo salario percepito. Minore è per chi ha versato meno a lungo i
contributi.
Periodi
massimi in cui viene erogato l’ ALG I:
*almeno
12 mesi di contr. >> 6 mesi *almeno 16 mesi di contr. >> 8 mesi
*almeno 24 mesi di contr. >> 10 mesi *almeno 24 mesi di contr. >>
12 mesi
ALG II
(erogato *a quanti sono disoccupati oltre i limiti di tempo appena elencati,
**a famiglie bisognose in cui nessuno ha un lavoro, oppure *** a chi ha un
mini- job non sufficiente alla sussistenza).
–––
Oltre all’ ALG II ci sono anche sussidi per l’affitto e il riscaldamento.
Tariffario ALG II:
Per adulti: ............................................€
404 / mese
Per adulti single fino a 24 anni:...................€ 324 / mese
Per
adulti coniugati o simili:........................€ 364 / mese
Per bimbi fino
ai 6 anni:............................€ 237 / mese
Per bimbi tra 6 e fino a
13anni:....................€ 270 / mese
Per ragazzi tra 14 e fino a
17anni:.................€ 306 / mese
Nel 2012 lo stato tedesco ha speso ca. 33
mrd. di € per ALG II.
(V)
TASSAZIONE
SUGLI UTILI DA CAPITALE PRODUTTIVO
Riforma
delle aliquote del 1998: passaggio dal 30% al 25%.
Riforma
delle aliquote del 2008: passaggio dal 25% al 15%
A
titolo di esempio: risparmio per il capitale produttivo nel 2010, rispetto alla
normativa antecedente il 1998, per circa 50 mrd. €.
CONFRONTO
CON L’ITALIA:
In
Italia l’IRPEG era ancora nel 2000 al 37%. Dal 2004 l’imposta che ha sostituito
l’IRPEG, cioè l’IRES, era al 33%. Nel 2008 scendeva a 27,5% e così è ancora
quest’anno. Dall’anno prossimo: 24%.
Gap
italiano (solo per la tassa sugli utili del capitale): * nel 2000: + 12% nel
2004: * + 8% nel 2008: + 12,5% * dal 2017: + 9%.
In più
esiste l’ IRAP (imposta regionale sull’attività produttiva) ovvero: imposta sul
valore aggiunto netto che varia dal 3,9% al 4,2%.
Se
aggiungiamo pure l’IRAP (introdotta le 1998) (che dovrebbe pesare sul margino
operativo per circa il 10%), allora si può dire che il differenziale italiano
di tassazione sull’impresa rispetto alla D è stato mediamente almeno del 20%.
Una continua corsa ad handicap per acchiappare l’economia leader in Europa.
( VI )
SULLA
BILANCIA COMMERICALE E SUL SALDO DELLE PARTITE CORRENTI TEDESCHI
DATI
DEL 2014 BILANCIA COMMERCIALE
a )
QUOTA ESPORTAZIONI sul PIL TEDESCO............45,7%
b )
QUOTA IMPORTAZIONI sul PIL TEDESCO............39,1%
c )
GRADO DI APERTURA ECONOMIA TEDESCA [ ovvero ( a + b ) in
RAPPORTO
AL PIL ].................................................84,8%.
Con
ciò la Germania ha il grado di apertura più alto nel G7. A mo’ di confronto:
USA...............ca.
30%
Cina................ca.
50%
Francia.............ca.
59%
Canada..............ca.
63%
Giappone..........ca.
39%
Italia................ca.
58%
Gran
Bretagna.....ca. 59%
UE (28
paesi)......ca. 32%
Solo
paesi piccoli o relativamente piccoli hanno gradi di apertura maggiori. Ma questo
è normale. Ad esempio:
*Danimarca.........ca.102%
*Austria............ca. 102%
*Svizzera...........ca.
128% *Olanda............ca. 155%
* Belgio.............ca. 163%.
SCAMBI
COMMERCIALI TEDESCHI (2014)
QUOTA
EXPORT TED. FATTA all’INTERNO DELLA UE:............... 68% del totale.
QUOTA IMPORT TED. FATTA all’INTERNO DELLA UE:............... 71% del
totale.
TOTALE EXPORT (merci + servizi )TEDESCO NEL MONDO nel 2014:
...............................................................................1.333,19
mrd. €
TOTALE IMPORT (merci + servizi )TEDESCO NEL MONDO nel 2014:
...............................................................................1.136,81
mrd. €
NEL
2014:
SALDO
ATTIVO.....................................................................196,38
mrd.€
PERCENTUALE
SUL PIL TEDESCO DEL SALDO ATTIVO:...............6,7%
QUOTA
DEL SURPLUS VERSO L’UE:....................................57,2% del totale
QUOTA
DEL SURPLUS VERSO RESTO DEL MONDO:..............43,8% del totale
QUOTA
DEL SURPLUS VERSO L’€-ZONA:...........................29,8% del totale.
Ovvero:
quasi il 2% del PIL TEDESCO deriva dal surplus commerciale verso gli altri
paesi dell’Eurozona. Detto altrimenti: i PIL dei partner tedeschi nell’€Z sono
sminuiti di quasi 56,5 mrd. Cioè il loro PIL è risultato sminuito, nel 2014,
mediamente dello 0,8%.
Più in
dettaglio: SALDO COMMERCIALE TEDESCO
*****CON
GLI USA:.........+ 47,5 mrd. di € (pari a ca. lo 0,33% del PIL USA)
*****CON
LA GB:............+ 41,8 mrd. di € (pari a ca. lo 1,7% del PIL GB )
*****CON
LA FRA.:..........+ 34,5 mrd. di € (pari a ca. lo 1,4% del PIL F )
*****CON
L’AUSTRIA:... ..+ 19,8 mrd. di € (pari a ca. lo 5,4% del PIL A)
*****CON
LA SPAGNA.:....+ 9,9 mrd. di € (pari a ca. lo 0,9% del PIL E )
*****CON
L’ITALIA.....:....+ 5,99 mrd. di € (pari a ca. lo 0,34% del PIL I ).
DATI
DEL 2015
A ) SALDO BILANCIA COMMERCIALE TEDESCA:....................236,10 mrd. €
PERCENTUALE SUL
PIL:..............................................................7,8%
B ) SALDO CONTO PARTITE CORRENTI TEDESCO (che include ad esempio, oltre ad
(A), in positivo anche i rendimenti di capitale tedesco all’estero e, in
negativo, le rimesse degli emigranti in
Germania):
..................................................................................257
mrd. €
PERCENTUALE SUL
PIL:.............................................................8,5%.
ALCUNI DATI SULL’
INTERSCAMBIO COMMERCIALE
GERMANIA-ITALIA IN
MILIARDI DI EURO
Fonte: GTAI – AGENZIA BERLINESE PER IL COMMERCIO ESTERO (sponsorizzata dal
Bundesministerium für Wirtschaft und Energie) http://www.gtai.de/GT
AI/Navigation/DE/Trade/Maerkte/suche,t=deut...land-
bleibt-italiens-wichtigster- handelspartner,did=1245522.html
Saldo
attivo tedesco:
2000
2005 2010 2014
9,2
mrd.€ 17,6 mrd. € 16,6 mrd. € 6,5
mrd.
L’ultimo
dato sul saldo differisce un poco dalla fonte ufficiale del governo tedesco,
cioè dalla DESTATIS, che riporta: 5,99 mrd. di Euro.
[
Breve nota: Nello scarto tra 2000 e 2005 ben si vede l’effetto, espansivo per
la D e recessivo per l’I , dell’ introduzione dell’Euro. Poi..... arrivò
l’austerità montiana e lo sbilancio si ridimensionò. La Francia, che invece ha
rifiutato l’austerità e a cui è concesso da anni un rapporto deficit/pil tra il
4% ed il 5%, ‘imbarca’ regolarmente un deficit commerciale annuo con la
Germania tra i 34 e i 36 mrd. di Euro. Rispetto al pareggio nella bilancia
commerciale, la F perde ogni anno quasi l’1,5% di PIL per via della sola
Germania. ]
SURPLUS
DELLA BILANCIA COMMERCIALE TEDESCA DALL’INTRODUZIONE DELL’EURO
In
TOTALE (dal 1999 al 2015) :.............................. 2.057,37 mrd. €
IN
PERCENTUALE SUL PIL TEDESCO
1999..................0,7%
2000..................0,3%
2001..................1,8%
2002..................4,4%
2003..................3,7%
2004..................5,0%
2005..................5,1%
2006..................5,3%
2007..................6,6%
2008..................6,0%
2009..................4,9%
2010..................5,2%
2011..................4,9%
2012..................6,1%
2013..................6,0%
2014..................6,7%
2015..................7,8%.
2014:
VOCI PRINCIPALI ED IMPATTO DELLA BILANCIA COMMERCIALE TEDESCA
Come
campione prendiamo il 2014, che rispecchia bene la composizione delle voci
principali del commercio tedesco con il resto del mondo.
ESPORTAZIONI:
AUTOMOTIVE
(automobili, camion, ecc.)...............17,9% dell’export totale
MECCANICA
(macchine utensili, attrezz. ecc.)......14,5% dell’export totale
CHIMICA.................................................................9,4%
dell’export totale
IMPORTAZIONI:
ATTREZZATURE ELETTRONICHE ED
ELETTRICHE.........................................................9,7% dell’import
totale PETROLIO...............................................................9,0%
dell’import totale.
( VII )
LA
NATURA DEL SURPLUS TEDESCO NELLA BILANCIA COMMERCIALE
Da
quando si è diffuso il sistema capitalistico esistono tre tipi base di
dinamiche che conducono a surplus strutturali nella bilancia commerciale.
a )
Quando un paese possiede rilevanti risorse naturali – come derrate alimentari,
metalli o fonti energetiche come gli idrocarburi – fortemente richieste sul
mercato mondiale, ma non ha un’economia sviluppata, subito si formano dei
surplus. Se poi il paese stesso, per le sue dimensioni, oppure per scelte
politiche, non avvia uno sviluppo economico equilibrato e variegato, importando
tecnologie e capitali, allora i surplus diventano stabili. Esempi ne sono, da
alcuni decenni, i paesi arabi.
b )
Quando un paese ha un grande vantaggio tecnologico, ha sviluppato nuovi
prodotti, assai appetibili sul mercato, ed è in grado, per via di aumenti della
produttività, di offrire anche beni tradizionali a prezzi minori, allora si
forma un surplus strutturale della bilancia commerciale. Un surplus che durerà
finché non sarà stato raggiunto dagli altri paesi sviluppati. Due esempi
eclatanti. La Gran Bretagna nel XIX secolo, gli USA nel XX secolo.
c )
Quando un paese non sviluppato, o colpito da guerre o calamità naturali, ha a
disposizione molta forza-lavoro a basso costo, o a costi comparativamente
bassi, proprio a partire da ciò può avviare un processo di sviluppo, usando
come leva anche il surplus commerciale. Non solo, attira anche investimenti
esteri, di modo che anche la bilancia dei pagamenti segni un surplus. Un
recente esempio è la Cina. Ma non è neppure il caso di andare così lontano.
L’Italia stessa, la Francia, la Germania, in generale i paesi dell’Europa
occidentale, seguirono questo percorso nel secondo dopoguerra, soprattutto tra
il 1947 ed il 1960. Furono favoriti dal Piano Marshall e dall’atteggiamento
americano e di altri paesi anglosassoni che assorbirono quel surplus facendo
politiche espansive.
Nulla
poi vieta che nascano situazioni o strategie in cui si coniugano quei modelli.
Ad esempio, negli anni settanta e ottanta, il Giappone e la Germania divennero
leader nell’export. Non solo, la cosa più rilevante è che accumularono
regolarmente dei surplus combinando grande efficienza organizzativa, alti
livelli tecnologici e politiche salariali controllate, cosicché poterono
offrire sul mercato buoni prodotti, spesso all’avanguardia, a prezzi contenuti.
La conseguenza, voluta, fu il rafforzamento della loro moneta, affinché potesse
attrarre capitali e concorrere con il dollaro statunitense. Questo mix non
piacque mai agli USA e agli altri partner europei, che si aspettavano da JAP e
D politiche più espansive sul modello americano degli anni ’50 e ’60. Ma queste
politiche non arrivarono mai. Anzi, no. Ci fu un’eccezione interessante. Nel
1978 l’allora cancelliere Helmut Schmidt cedette alle pressioni degli alleati.
Nel ’78-’79 partì la locomotiva tedesca... ma si fermò quasi subito. Infatti,
presto iniziarono le grandi manovre della Bundesbank per tagliare l’erba sotto
i piedi all’SPD. La BuBa alzò i tassi d’interesse, per ‘raffreddare‘ l’economia
e la corsa alla piena occupazione.
Non
solo. La CDU, guidata da Helmut Kohl, iniziò una campagna massiccia, segnalando
i pericoli per la concorrenzialità dell’economia tedesca. I liberali, allora
alleati e al governo con la SPD, iniziarono a dialogare con Kohl. Schmidt
arrestò rapidamente la locomotiva. Ma era già troppo tardi. Nel 1982 fu messo
in minoranza in parlamento e si formò la maggioranza CDU – FDP(liberali).
Troppo spesso si sentono giornalisti parlare a vanvera della forza trainante
della “locomotiva tedesca“, ma è un grossolano equivoco. È impossibile che una
nazione faccia da locomotiva, regionale o globale, dello sviluppo economico
senza un deficit nella bilancia commerciale. Gli USA lo fanno da decenni. In
Europa l’hanno fatto di volta in volta la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia,
in misura minore la Spagna. Con politiche espansive o anche solo per dinamiche
interne ai consumi, sono queste le economie che hanno trainato l’economia
tedesca nei suoi successi mercantilistici. Chi ha surplus commerciali si
comporta come chi, in gergo ciclistico, ‘succhia la ruota’.
Ma che
dire ora del caso tedesco, dal dopo unificazione ai giorni nostri? Come
spiegare dei surplus commerciali così forti e crescenti? L’efficienza
organizzativa e tecnologica tedesca è fuori di dubbio, ma non siamo affatto nel
caso ( b ). Non è avvenuta alcuna rivoluzione tecnologica, uscita dal ventre
della Germania. Del resto, in tempi di globalizzazione, con la rapida
circolazione delle informazioni, delle tecnologie, dei capitali, della
forza-lavoro, dei ricercatori, sembra addirittura impossibile pensare ad un
vantaggio tecnologico duraturo per chicchessia. Solo la compressione salariale,
ingiustificata, visto l’aumento non enorme ma regolare della produttività, e la
conseguente inibizione del mercato interno spiegano l’attuale surplus tedesco
nella bilancia commerciale. Del resto abbiamo visto che la Germania ha
accumulato poco alla volta un vantaggio competitivo da prezzo tra il 25% ed il
30% su Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda.
E poi
c’ è un secondo pilastro su cui poggia il surplus: l’Euro.
1 )
Con l’euro sono spariti gli ostacoli monetari alla strategia di penetrazione
sui mercati all’interno dell’eurozona. Basti pensare che la Francia da 10 anni
fa registrare un deficit commerciale con la Germania di circa 35 mrd. di €,
anno dopo anno.
2 ) Ma
non è ancora finita. C’è un altro vantaggio, ancora superiore per l’export
tedesco. *Siccome la moneta in cui si fattura ed in cui si ricevono i pagamenti
è l’Euro e non il DM; **siccome per i rapporti di cambio con le altre monete,
non conta l’entità del surplus tedesco con i paesi extra-eurozona, ma l’entità
del surplus dell’eurozona sul resto del mondo; ***siccome questo non è mai
stato né del 4%, né del 5%, né del 7% del PIL sul resto del mondo, bensì è
stato mediamente, negli ultimi 11 anni, dello 0,4% del PIL dell’intera
Eurozona, ****allora l’Euro non si rivalutava né si rivaluta mai troppo,
rendendo ancor più competitive le merci tedesche. Sempre senza andare molto
lontano, da anni la Gran Bretagna accumula un deficit commerciale con la
Germania tra i 25 e i 50 mrd. di €. Sempre anno dopo anno.
La
conclusione è semplice: dal 1999 la Germania ha praticato e pratica la
strategia ( c ) – senza però esser un paese in via di sviluppo. Nemmeno i
giapponesi sono riusciti in questa impresa. Infatti, hanno lo Yen e attorno non
hanno un’area economica a moneta unica.
A
parte i guai che si sono accumulati nell’Eurozona da qualche anno a questa
parte, è giusto anche chiedersi quale impatto la strategia tedesca abbia avuto
sul mercato interno e sull’occupazione, interna ed esterna.
( VIII)
IMPATTO
SUL MERCATO INTERNO DEI SURPLUS COMMERCIALI
(A)
L’equazione
base nella contabilità nazionale, vista dal punto di vista del suo impiego, è
questa:
Y = C + G + I + (
X– M ).
Con
"Y”, si intende il prodotto interno lordo (il valore aggiunto prodotto nel
corso dell’anno + le imposte indirette – le sovvenzioni ai settori economici).
Con “C”, l’insieme del consumo delle famiglie. Con “G”, il consumo dello stato,
che comprende sia le spese correnti, che gli investimenti pubblici. Con “I”,
gli investimenti delle imprese in macchine, strutture, gli stock di merce
aggiuntisi in un anno agli inventari delle imprese, le spese di energia e
simili. In più, sotto la rubrica “I” si conteggiano anche gli investimenti
nell’edilizia abitativa privata. Con “X”, il volume monetario delle
esportazioni di beni e di servizi. Con “M”, il volume monetario delle
importazioni di merci e servizi.
“X –
M” è dunque il saldo della bilancia commerciale (e dei servizi). Lo potremmo
anche chiamare il saldo tra la formazione del reddito interno causata dalla
domanda estera e la mancata formazione di reddito interno per via delle
importazioni dall’estero. Concettualmente, quando c’è un surplus, è da
considerarsi a tutti gli effetti consumo esterno, poiché quel consumo è
servito dalla produzione interna. Dunque dobbiamo ritrovare qualcosa in più
nelle formazione di Y. Ovviamente, se
è nullo, il consumo esterno da aggiungere nel conteggio di Y è
uguale a zero. Se invece è negativo, abbiamo a che fare con una voce
‘consumistica’ che sminuisce l’importo
di C+G+I, il che significa che una parte del consumo o gli investimenti di
quell’anno è stata servita con beni e servizi importati in sovrappiù rispetto a
quelli esportati. Il che significa che non è tutto oro quel che luccica. Il benessere
che si è diffuso, è stato in un certo senso acquistato a credito e la
produzione interna (la formazione interna di reddito) è inferiore all’insieme
dei consumi privati e pubblici. Ovviamente, in questo caso, da qualche parte
del mondo vi corrisponde un surplus commerciale.
Analizziamo
ora più a fondo la situazione del surplus nella bilancia commerciale. Data
l’equazione iniziale, è evidente che vale pure l’equazione: Y – (X–M) = C + G +
I. Se per ipotesi ammettiamo *che il PIL di un paese ( Y ) per due anni non
cambi, **che pure i prezzi non siano cambiati, ***che nel primo anno (X–M) sia
nullo (bilancia commerciale in equilibrio), ma ****che poi nel secondo anno,
(X–M) formi un surplus per il 10% del PIL (Y), allora ***** necessariamente l’insieme
di C + G + I sarà calato del 10%. Dunque, ogni surplus commerciale di un
qualsiasi importo sminuisce, per definizione, i consumi interni, delle famiglie
o dello stato, o gli investimenti.
È
evidente che questo succede anche quando Y aumenta. Solo che in questo caso,
spesso, la verità che abbiamo appena appurato, non appare, risulta come
mascherata. Per di più, a livello nominale, raramente il PIL resta al palo o
regredisce. Di solito aumenta. Così, anche in presenza di un forte surplus
commerciale (un X–M fortemente positivo), con una aumento del PIL nominale o
reale, si ha l’impressione che, crescendo ogni voce, non sussista una relazione
contraria tra la dinamica di X–M da un lato, e di C+G+I, dall’altro. Ed invece
è sempre così. Quando un paese in via di sviluppo usa un surplus commerciale
come volano per la crescita ed il rinnovamento della propria economia, limita automaticamente
i propri consumi. Se è ben governato, curerà che aumentino gli investimenti
privati e pubblici, facendo sacrifici sul lato dei consumi. Una volta
avvicinatosi ai paesi più sviluppati, arriverà il tempo di espandere il mercato
interno e di premiare i consumi. Ad esempio è quanto la Cina ha iniziato a fare.
***
Dunque,
che è successo a livello macroeconomico, all’economia tedesca? Facciamo due
conti. Tra il 1999 ed il 2015 il PIL tedesco ha avuto una crescita cumulata, in
termini nominali, di 957,23 miliardi di €.
Nello
stesso periodo la Germania ha accumulato un surplus della bilancia commerciale
di 2.057,37 miliardi di €.
La
differenza è di 1.100,14 miliardi di €. Ciò significa né più né meno che
l’insieme dei consumi privati e dello stato e degli investimenti (C+G+I) è
stato sminuito-rimosso (verdrängt, in tedesco, crowded out, in
inglese) di quell’importo. Non entro nei dettagli, ma a mio modo di vedere, gli
investimenti produttivi sono stati compressi di almeno 176 miliardi (poiché gli
investimenti industriali sono stati inferiori, per quella cifra, agli
ammortamenti), i consumi di almeno 700 miliardi di €, i consumi dello stato di
circa 210 miliardi di €. Lo desumo dal rapporto percentuale in C+G. Questo è
stato il prezzo per conquistarsi a tutti gli effetti i galloni di “Export-Nation”.
Avete letto bene, il tedesco medio, il giornalista medio, quasi tutti i
politici tedeschi ragionano secondo queste categorie: ci sono “Export-Nationen”
e ci sono “Import-Nationen”. Le prime sono ovviamente brave, capaci e
parsimoniose, le seconde incapaci oppure dedite allo scialo. Le prime sono le
formiche, le seconde le cicale. Così in basso è caduto il “popolo dei poeti e
dei pensatori” (das Volk der Dichter und Denker).
(B)
Ma
come stanno le cose a livello manifatturiero,? Quali sono gli effetti di un
mercantilismo così prolungato (quindici anni non sono pochi)? È presto detto:
all’accrescimento del potenziale produttivo tedesco corrisponde all’estero,
soprattutto nell’eurozona, una distruzione di potenziale produttivo,
soprattutto una riduzione della manifattura. I settori in cui maggiormente
è avvenuta la ridefinizione degli apparati produttivi sono stati il settore
automobilistico, la produzione di macchine utensili e degli impianti
industriali e la chimica. Pure in questi settori si è anche avuto il maggiore brain
drain (drenaggio di cervelli) dai paesi ‘periferici’ verso la Germania. E
qual è stato l’impatto occupazionale di questo quindicennio? È possibile
affrontare l’argomento da vari punti di vista. Provo a proporne uno adesso.
Il
saldo della bilancia commerciale tedesca con il resto del mondo è stato nel
2014 di 196,38 miliardi. Ma il surplus è tale perché la Germania fa segnare
sul foglio delle importazioni anche le materie prime. In quell’anno il valore
degli idrocarburi importati era pari a 83 mrd. di €. Quello dei metalli di
circa 50 mrd. di €. Se però detraiamo queste voci, allora il surplus tedesco
nel settore manifatturiero è di circa 330 mrd. di €. E sappiamo che è qui
che si suona la musica a livello occupazionale, poiché, mentre i settori delle
materie prime non occupano percentualmente molta manodopera, la manifattura ed
i servizi hanno un forte impatto occupazionale.
Nel
2014 la somma totale del valore aggiunto dell’economia tedesca è stata di
2.623,09 mrd. di euro. Prendo questo dato perché non comprensivo delle imposte
indirette. Così si possono confrontare meglio i volumi dell’impulso alla
produzione manifatturiera tedesca, originato dal surplus manifatturiero.
Orbene, 330 mrd. sono il 12,6% dell’intero valore aggiunto tedesco di
quell’anno. Si noti, quei 330 mrd. di € non sono puro valore aggiunto, bensì
ricavi, cioè quanto realizzato vendendo quel surplus manifatturiero. Ricavi che
devono coprire, oltre ai salari e agli utili delle imprese, anche gli altri
input: materie prime, semilavorati, energia, ecc.
*Poiché
il costo del lavoro incide per circa il 40% sui ricavi, allora questo,
applicato ai 330 mrd. di surplus manifatturiero del 2014, corrisponde a circa a
132 mrd.
**Poiché
il costo del lavoro medio annuo per addetto nel 2014 è stato in Germania di
38.709 €, allora dividendo i 132 mrd. di € per 38.709 €, risulta che il
surplus manifatturiero della bilancia commerciale tedesca occupava ca. 3,41
mio. di dipendenti.
***Sapendo
poi che la quota di lavoratori indipendenti che si aggiunge all’insieme dei
lavoratori indipendenti è in Germania del 10%, allora otteniamo l’insieme
delle persone occupate per via di quel surplus ammonta a ca. 3.750.000.
VERIFICA:
La somma totale degli occupati nel 1999 era di 39.031.000 persone, mentre nel
2014 era di 42.703.000. L’occupazione in Germania è dunque cresciuta, in quel
periodo, di 3.672.000 unità. Una cifra non lontana dalla nostra stima.
Con
questo non voglio sostenere che tutti i posti di lavoro aggiuntivi siano sorti
nel o per il settore dell’ export manifatturiero. Sappiamo anzi che è avvenuto
un grande rimescolamento nel mercato del lavoro tedesco, che in molti settori
si è razionalizzato, espellendo manodopera, la quale poi ha trovato occupazioni
più precarie e peggio pagate, oppure che è stata riqualificata e assunta nei
settori più produttivi. L’analisi di questi intrecci sarebbe necessariamente
molto complessa. Mi preme però constatare che la forte riduzione della disoccupazione
in Germania è circa della stessa entità di occupazione indotta, direttamente o
indirettamente, dal surplus della bilancia commerciale manifatturiera tedesca.
E
sull’estero, come stanno le cose? Se circa il 40% del surplus manifatturiero
viene piazzato nell’eurozona, allora la grande performance del surplus tedesco
ha ‘rubato’ nella zona a moneta unica quantomeno 1,5 milioni di posti di lavoro
(dipendente e indipendente).
Perché
scrivo “quantomeno”? Per via dell’effetto del moltiplicatore della domanda
aggregata. Infatti, a contrazioni di reddito di 1 € corrisponde una contrazione
indotta superiore, visto che coloro ai quali viene a mancare del reddito,
reagiscono consumando di meno, il che ha ulteriori effetti sugli altri redditi.
La stessa cosa, accade dunque con i posti di lavoro. Ora, se mettiamo in conto
un moltiplicatore di 1,6 – e si è visto che con le recenti strette fiscali
nell’eurozona questo è stato suppergiù il coefficiente che ha agito sulla
domanda aggregata – allora i posti di lavoro persi nell’eurozona solo per via
del surplus tedesco, dovrebbero essere all’incirca 2,4 milioni. Si noti, questa
cifra non mette affatto in conto le politiche di austerità fiscale.
Heidelberg, 6 / 6
/ 2016 Beppe Vandai
per
***Volta La Carta!! e. V. - Heidelberg
http://voltalacartaheidelberg.blogspot.de
e
***RISORSE - Associazione per capire meglio l'economia – Treviglio
http://www.risorse-associazione.it
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