martedì 30 luglio 2013

Note sulla Borghesia Francese (2)


APPUNTI TRATTI
da

HISTOIRE DE LA BOURGEOSIE EN FRANCE
Les temps modernes ( vol. 2 )

di Régine Pernoud
Paris 1962



Dal cap. I (La France moderne)
Nota tratta da Lucine Febvre: dagli elenchi delle eredità e dei lasciti risulta che ancora verso la metà del ‘500 i borghesi possedevano molti quadri o decorazioni di tipo religioso. Dalla fine del ‘500 si ha poco alla volta al preponderanza di immagini laiche, prosaiche, via via sempre più classicheggianti. Poi si diffuse l’ abitudine di farsi ritrarre. La cosa andò poi dilagando verso la seconda metà del ‘600.
I borghesi tendevano comunque ad una certa sobrietà nelle suppellettili, nei colori scelti per l’ abitazione e per i mobili. Anche nel vestire tendevano ad essere severi. La robe era di solito nera e lunga.


 


Dal cap. II (L’ honnête homme)
Nel Medioevo i deboli, la donne e i bambini erano assai protetti, spesso idealizzati. Era compito del cavaliere difenderli. I bambini ottenevano la maggiore età a 14 anni.
Dalla fine del ME si impone poco alla volta il diritto romano, che mette al centro il ruolo e i diritti del pater familias. Si diventa adulti solo a 25 anni.
Il patrimonio familiare, in caso di decesso, rifluiva nel Medioevo spesso in entrambe le famiglie di origine dei due coniugi. Ora si fa largo la tendenza ad accumulare tutto secondo la discendenza maschile, del primogenito innanzitutto. Si fa largo anche l’ uso del testamento, con cui il pater familias dispone liberamente del patrimonio, o quanto meno di una sua parte.
Nel ME c’ era libertà di scegliersi il marito o la moglie. Ora i matrimoni vengono combinati.

Al centro dell’ attenzione, negli ambienti borghesi è al figura dell’ honnête homme: l’ uomo moderato, prudente, controllato, mai vittima delle passioni, che segue un preciso galateo di buone maniere.

La letteratura è quasi tutta borghese ( appannaggio di borghesi ), vedi: Corneille, Racine, Boileau, Molière, La Fontaine. Solo Fénelon La Rochefoucauld sono nobili.

Sia nelle scuole gestite dai domenicani che dai gesuiti che in quelle laiche dilagano la letteratura e la cultura classico-umanistica, uan cultura d’ élite che non corrisponde più all’ istruzione elementare impartita nelle scuole gestite nelle parrocchie. Si apre un grande divario tra le due culture, la borghese ( classicheggiante, intrisa di diritto, tesa alla ricerca ) e la cultura pratico-popolare-religiosa. Nella prima si innestano il principio dell’ emulazione e forti tratti di individualismo e di indipendenza intellettuale, di originalità.
La cultura e la formazione alta si orienta anche sempre di più verso la corte e sempre meno verso l’ università. L’ intellettuale deve avere anche un impatto ‘politico’. Si fa largo l’ umanesimo razionale, il cui massimo campione sarà Descartes.
Si segue l’ esempio della sistematicità del diritto romano. Si punta a quantificare e a fondare il sapere sui dati inoppugnabili dell’ evidenza. Si elabora un metodo di deduzioni stringente e razionale.

Il cartesianesimo dà una base ideologica ed un forte senso di sé alla NdeR. Boileau elabora un’ estetica del’ armonia e della compostezza, della ricerca del bello ideale. Corneille impone al teatro la pregnanza e la misuratezza delle tre unità, di luogo, di tempo e di spazio. È l’ epoca in cui si impone l’ accademismo. Le accademie danno lustro allo stato e vengono da esse sostenute. Un gran paladino di esse fu Richelieu. Si cerca la protezione reale, che viene abbondantemente elargita. Luigi XIV darà il tono con la corte di Versailles.

Savary, in un’ opera dedicata a Colbert, Le parfait négociant, delinea il quadro delle virtù borghesi: precisione professionale, organizzazione negli affari, zelo, parsimonia, solidarietà professionale. Non sono in contrasto con le virtù cristiane, ma il tono è decisamente laico, secolarizzato. L´ascesi di vita c’ è, ma orientata soprattutto all’ immanenza.

Ci si orienta tanto secondo l’ etica antica, stoica, ma anche epicurea, in una sorta di epicureismo pratico, aperto alla ricerca della felicità e del benessere terreno. Secondo Racine, si può essere sia un h.h. che un buon cristiano, in una sorta di irenismo in cui sfumano le asprezze verticali del cristianesimo. Gassendi va oltre, verso lidi più pagani e democritei. Sottolinea con forza il ruolo della ragione. Poco alla volta ci si apre così al deismo.

Non manca però una reazione a queste tendenze secolarizzanti. I Giansenisti, coagulatisi attorno alla teologia fortemente agostiniana di Jansen, e stabilita la loro roccaforte a Port Royal, iniziano con l’ Arnauld, Saint-Cyran e Pascal a riabilitare un cristianesimo più interiore, aperto allo scandalo della fede, teocentrico, moralmente rigorista. Nel ‘600 avrà un gran seguito tra la NdeR, nel clero e nel Parlamento di Parigi.
Il Giansenismo verrà combattuto dal Papato a partire dal 1663, fino al climax: la bolla Unigenitus ( del 1713 ) presto accolta e fatta applicare da Luigi XIV, paladino dell’ ortodossia gallicana.
Il Giansenismo aveva ( secondo la Pernoud ) somiglianze con forme di manicheismo, tutto intriso di un fortissimo dualismo. Ma ancora più evidenti erano le somiglianze con il calvinismo. E non fu casuale che entrambe le correnti religiose ebbero diffusione e successo soprattutto nelle file della borghesia. Vi si sottolineava la dipendenza dalla grazia divina, dispensata secondo un piano divino imperscrutabile ed immodificabile, che affidava ad ogni fedele dei piani da compiere, degli obiettivi da raggiungere nell’ al di qua. La prosperità, raggiunta con una vita ascetica e misurata , era il segno di un’ elezione, dell`aver adempiuto ad una missione. I poveri per colpa loro, i mendicanti che si lasciavano andare, erano segnati da una maledizione divina o avevano disatteso un’ elezione. Non si provava per loro granché di pietà. Ne nacque una legislazione che censurava la povertà, che espelleva i mendicanti dalla città [ p. 58 – 60 ]. Mentre nel Medioevo la mendicità non era vista come un problema sociale, lo deverrà a partire dal ‘500. Ci saranno meno ospizi o luoghi di rifugio per i mendicanti. La mendicità veniva considerata come un male ineliminabile, causata dalla bassezza di certi individui, che vanno sì sfamati, ma a cui va lasciato il pungolo del bisogno. Se lavorano, lo fanno solo per non morire d’ inedia, tutt’ altra cosa rispetto al lavoro come ascesi di vita di un borghese o alla disciplina dei contadini.

Con il Concordato del 1516 tra Monarchia Francese e Chiesa veniva sancito che la nomina dei vescovi era di competenza reale.

Il monarca francese era anche il capo religioso nel suo Paese. Il gallicanesimo si impone poi, poco alla volta senza più ostacoli. La supremazia monarchica faceva il paio con la concezione, discendente dal diritto romano, secondo cui la regalità si esprimeva a tutti i livelli. Il re stabiliva le imposte, era il capo dell’ esercito, decideva della pace o della guerra. Iniziò così la strada che porta alla monarchia assoluta. Il re è sovrano per volontà divina. Ma poco interessa in questa apoteosi del potere monarchico l’ articolazione cristiana della Trinità ed il mistero dell’ Incarnazione, tanto cara alla Chiesa soprattutto dal ‘300 [ pp. 64-65 ]. In Francia si sottolinea una sorta di analogia tra il re e Dio Padre.


Nel 1673 Luigi XIV convoca l’ assemblea del clero francese, nonostante la forte contrarietà del Papa, per garantirsi il diritto di disporre dei benefici ( entrate ) in caso la ‘vacanza’ del vescovo. Oltre a ciò fece redigere e approvare una Déclaration del clero francese così articolata:
a ) I principi, ed in particolare il re di Francia, non sono sottomessi al potere papale,
b ) il potere spirituale del Papa viene riconosciuto, ma solo se rispetta gli “antichi canoni” della Chiesa francese,
c ) il concilio ecumenico è superiore al Papa,
d ) le decisioni del Papa, anche di ordine spirituale, non sono applicabili in Francia senza il consenso dei vescovi francesi.

La vita monastica decadde e fu lasciata decadere enormemente nel ‘600. Quello fu il secolo dei grandi predicatori e dell’ oratoria religiosa, che raggiunse dimensioni e toni spettacolari.
Magra fu anche la messe in termini di carità cristiana. Due sole le figure di grande rilievo: * Jean-Baptiste de la Salle, che si incarica del’ educazione cristiana del popolo, in grave stato di abbandono con la sparizione delle scuole parrocchiali, e ** Vincent de Paul, che avviò un grande movimento caritativo di aiuto ai mendicanti e ai poveri.

Non vanno passate sotto silenzio la persecuzione e l’ espulsione dei protestanti volute dal Re Sole. Con la revoca dell’ editto di Nantes, dovranno lasciare il Paese da 200.000 a 400.00 calvinisti, secondo le differenti stime, in gran parte appartenenti alla borghesia del denaro e del sapere, ma anche artigiani, tecnici. Parecchio know how borghese e spirito d’ iniziativa andò a rafforzare i Paesi Bassi, l’ Inghilterra, la Prussia ed altri principati tedeschi.



Dal cap. III (La noblesse de robe)
Il giurista seicentesco Loyseau, nel Traité des Ordres et simples dignités, del 1610 – il trattato per eccellenza in questa materia, il principale punto di riferimento per la definizione l’
autocomprensione del sistema cetuale, nel delimitare il perimetro dei non nobili – evita esplicitamente, per scelta etimologica, l’uso dei termini ‘borghese’ e ‘borghesia’, per lui troppo centrati sugli abitanti delle città, troppo deboli e troppo inclusivi. Preferisce ricorrere al termine “Terzo Stato”. Precisa però che si tratta di un gruppo parecchio eterogeneo dal punto di vista di classe e dell’ occupazione.
Vi farebbero parte 4 categorie di persone, con famiglie annesse e connesse:
i ) Le genti di lettere formatesi nelle facoltà di diritto, teologia, medicina e nelle arti liberali,
ii ) I finanzieri ( detentori di uffici reali addetti alle finanze ),
iii ) I giudici, gli avvocati e tutti quanti praticano le discipline giuridiche: notai, procuratori, cancellieri, ecc. ,
iiii ) I mercanti.

Esclusi erano invece tutti quanti praticavano lavori manuali, compresi gli artigiani, o lavori subordinati. Tutta gente di ‘vile reputazione’, ‘popolino ignorante’. Diffusissima era la disistima del lavoro manuale, alimentata anche dallo studio dei classici dell’ antichità. Ambitissimo, per il prestigio che offre, invece il far parte dei ranghi dello Stato, l’ essere detentore di una carica, di una competenza, di un ufficio pubblico.
L’ obiettivo della borghesia in senso forte e proprio, quella che rientrava nella rubrica di Loyseau, era di ottenere lo status nobiliare.
Non ci dilunghiamo sulla pratica della venalità delle cariche, della loro proliferazione per motivi di bilancio (per la Corona ), della volontà dei monarchi di non dipendere troppo dalla nobiltà di spada, della necessità di far guadagnare lo Sato in termini di competenza.
Resta il fatto che il valore ed i prezzi delle cariche dipendono dalla loro importanza. Soprattutto nella prima metà del ‘600 i prezzi lievitarono enormemente. [ Alcuni accenni a pp. 84 – 86 ]. Sia come sia, la parte più ricca della borghesia del denaro e del sapere che costituiva il Terzo Stato penetrerà massicciamente nella nobiltà. La carriera è spesso questa: un mercante ricco o agiato avvia i figli alla formazione che ne farà dei membri della borghesia del sapere. Questi, acquisite le competenze e ben dotati dalla famiglia, acquistano una carica. La pagano più o meno profumatamente. Ma che vantaggi hanno, a parte il prestigio, che allora non era cosa di poco conto ? Già ricevono dalla Corona una rendita annua adeguata, in più hanno le entrate legate all’ esercizio della loro professione. Per di più le cariche erano divenute ereditarie. Ma perché allora aspirare alla nobiltà ?
Innanzitutto per godere del titolo che inserisce nella classe dei potenti e sentirsi legati a doppio filo al monarca. Poi, cosa tutt’ altro che disprezzabile, per essere esentati dalla taille , la principale tassa diretta, proporzionale alle entrate. Soprattutto grazie alla loro formazione sul diritto romano, i giuristi trovavano giustificata questa forma di immunità anche per i servitori dello Stato. La nobiltà di spada già ne godeva in quanto gruppo sociale dei guerrieri, essendo i discendenti di chi aveva dato il suo tributo di sangue ed essendo pronti in ogni momento a fare altrettanto.

Un punto di svolta si ebbe agli Sati Generali del 1614, gli ultimi prima di quelli fatali del 1789. Il Terzo Sato, il gruppo più numeroso, era composto a sua volta in gran parte e guidato dalla borghesia di toga ( borghesia del sapere ). Quasi tutti i deputati, di tutti gli ordini, si pronunciarono per l’ abolizione della venalità delle cariche. Ma il TS richiese la contestuale abolizione delle pensioni erogate alla nobiltà. Il clero appoggiò le richieste del TS, poiché voleva indebolire la nobiltà, al fine di far passare l’ applicazione delle disposizioni del Concilio Tridentino. Dato questo stallo agli Stati Generali, nulla venne abolito. Restò però il fatto che la nobiltà non aveva la forza di bloccare il nobilitamento della Bourgeosie de robe. Si consumò così la disfatta del 2° Stato. La via per la Noblesse de Robe era stata aperta. In effetti, la monarchia andò sempre più appoggiandosi sulla nuova nobiltà.
Solo dagli anni 20 del ‘700 la nobiltà di spada poté riprendersi. Questo generò però una certa presa di distanza della NdeRobe dal sovrano: un elemento che pesò anche nel far precipitare la crisi dell’ Ancien Règime e favorì la Rivoluzione Francese.

Tra i magistrati, i giureconsulti e le diverse figure dei pubblici ufficiali esistevano tre distinzioni di grado. Dunque si distinguevano i robins in tre categorie:
La petite robe ( il livello più basso nella scala dei robins ): avvocati, notai, cancellieri, pubblici ministeri. Erano piuttosto ambiziosi e turbolenti, volendo salire di grado.
La moyenne robe: in generale gli alti funzionari, rappresentanti del re o dei principi in provincia per le questioni amministrative e giuridiche, chi ruotava attorno ai parlamenti provinciali ed era deputato alla giustizia signorile ( dei nobili ), chi aveva un grosso ruolo nelle decisioni locali in termini di diritto privato, sulle proprietà ecc. Questo corpo intermedio era molto potente a livello locale e regionale. Riusciva spesso ad arricchirsi anche in modo fraudolento.
La grande robe: consiglieri di stato, i titolari delle alte cariche dei parlamenti ecc. I parlamenti avevano acquistato con il tempo sempre nuove competenze. Alla funzione di controllo e ratifica delle leggi reali e agli gli affari giudiziari, si erano aggiunti questi compiti: l’ amministrazione delle risorse finanziarie, l’ordine pubblico, la gestione degli affari religiosi, il mantenimento delle infrastrutture. Il parlamento di Parigi era di gran lunga il più potente.

Da queste figure sociali partì l’ assalto ad essere anoblis.

Heidelberg, 13 giugno 3013
Beppe Vandai







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