ESTRATTO da Le
origine dello Stato moderno, di José Antonio MARAVALL, in Lo
Stato moderno, vol. I, pp. 69 – 90 ( a cura di Ettore ROTELLI e
Pierangelo SCHIERA), Bologna 1971.
Maravall si
occupa più diffusamente del caso spagnolo, della fase finale del ‘400 e di
tutto il ‘500. Sottolinea però che i tre paesi paradigmatici – per quanto
riguarda la formazione precoce dello stato moderno – furono Francia,
Inghilterra e Spagna.
I re cattolici in Spagna
aumentano il loro potere controllando più da vicino giustizia, pace
interna e guerra, e sviluppando una politica attiva in altri campi
come l'economia, la cultura e la vita religiosa.
Negli affari esteri stabilirono il potere dello Stato sulla Chiesa
in occasioni come gli incidenti del vescovo di Cuenca.
Per altro verso, le due forme di
universalismo medievale non attecchirono in Spagna mai veramente. L'idea
di Impero non era attraente per gli spagnoli. L'idea di una società umana
unitaria nella sfera temporale e politica trovò pure limitata e tiepida
accoglienza in Spagna.
Politica del re Ferdinando il
cattolico: * ) Unità territoriale chiusa e sicura fino
ai Pirenei. ** ) I diritti signorili feudali non furono più presi in
considerazione. *** ) Si fecero invece i tentativi di costruire, su una nuova
base territoriale adatta, centri di potere solidi, duraturi e tecnicamente
perfetti con cui i governanti avrebbero fatto i loro calcoli.
Francisco de Vitoria teorizzò la Respublica Christiana.
In nessun luogo dell’ Europa di
allora la monarchia incarna una tradizione nazionale. Ma questo non toglie che
la politica delle grandi monarchie della fine del quattrocento e del 500 si
basava su un tipo di coscienza comunitaria pre-nazionale. Tra il re e
sudditi c'era un comune sentire, l' idea di partecipare liberamente
insieme a una comunità aperta al futuro. Non altrettanto si può dire
dell'Italia.
La gente di città in questi grandi monarchie capiva che il vecchio
regime municipale e signorile si era spento, Era pronta a sacrificare i
vecchi privilegi e perfino a abbandonare certi modi di pensare per poter
sperimentare un nuovo sistema di libertà politica, centralizzata e
razionalizzata in forma statale sotto un potere monarchico. Decisivo
fu il senso della comunità che esisteva nel regno. Lo stesso non accadde
ne in Borgogna né in Romagna.
I capisaldi dello Stato erano
allora la burocrazia e l'esercito. Due momenti fondamentali
in Spagna furono: il progetto di dare uniformità al regno ( politica di
ispanizzazione e di espulsione degli arabi
e degli ebrei e di omogeneizzazione ideologica, religiosa e culturale ) e
la tendenza a nazionalizzare la Chiesa (non si accettava che degli
stranieri divenissero vescovi o abati).
Nei Parlamenti incominciò ad
affermarsi un nuovo tipo di rappresentanza e di partecipazione. Il
tutto prese poco alla volta il sopravvento sulla parte. Nel
Parlamento si è chiamati a rappresentare il tutto e a decidere per il
bene di questo. Questo significava il passaggio dall’ essere vassallo
all'essere suddito. L'idea di un vincolo comune portava con sé i
concetti di giustizia e di uguaglianza.
Il principio di libertà
individuale non fu compromesso dal bisogno di un forte potere centrale. Allo
stesso tempo non fu di ostacolo alla centralizzazione. La libertà
individuale non significava però diritto di resistenza del suddito. Sia il re
che i sudditi hanno i propri diritti e l'attività statale discende
dall'azione congiunta del re e dei ceti. Esiste un contratto tra
tre e regno. Mai si ebbe una monarchia senza limiti. La monarchia
era condizionata e limitata da leggi fondamentali. La monarchia assoluta
era di per sé il regime della legge
fondamentale. Una citazione di Palacios Rubios, un giurista
del tempo: “ Al re è affidata soltanto l'amministrazione del regno, non la
proprietà delle cose “.
I due cardini del nuovo modello
di Stato nazionale sono la razionalizzazione e il senso della comunità.
Si svilupparono fortemente delle tecniche quantitative di
controllo e di pianificazione. La statistica incominciò ad acquistare un
significato strategico.
Si decide di istituire un sistema
formale di leggi. Ci si rivolge ovviamente al diritto romano. Si
persegue questo obiettivo: unificazione,
uniformità e amministrazione formale della legge.
Non si può parlare di un appoggio
incondizionato e sostanziale della borghesia al regno. A metà del seicento
accadde infatti che gli ufficiali dei regni dell'Europa occidentale, compresi
quelli di origine borghese, sostennero la reazione dei grandi proprietari
terrieri aristocratici. Mentre la nobiltà medievale, all'apogeo del suo potere,
sembra aver agito secondo un vero spirito di servizio pubblico.
Gli uffici pubblici dovevano
essere assegnati a spagnoli. Il regno doveva essere governato dall'interno.
Venne istituita la figura del segretario di stato. Ogni segretario controllava
interamente l'opera di governo per il suo settore. Fu creata una rete di
ispettori. Gli uffici pubblici erano acquistabili, ma questa pratica non ebbe
una così forte diffusione come in Francia. La classe intermedia, non
identificabile sociologicamente con la borghesia, era tenuta a gestire il
settore pubblico secondo integrità e efficienza.
L'esercito venne fortemente
razionalizzato. Fu enormemente rafforzata la fanteria. I soldati costituivano
un’ armata nazionale e non avevano nulla a che vedere con i mercenari. Venne
potenziata l'artiglieria, si ricorse all'aiuto di ingegneri, geometri e di
matematici.
Heidelberg, maggio 2013
Beppe Vandai
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