sabato 14 settembre 2013

Le origini dello Stato moderno, di José Antonio MARAVALL

ESTRATTO da Le origine dello Stato moderno, di José Antonio MARAVALL, in Lo Stato moderno, vol. I, pp. 69 – 90 ( a cura di Ettore ROTELLI e Pierangelo SCHIERA), Bologna 1971.

Maravall si occupa più diffusamente del caso spagnolo, della fase finale del ‘400 e di tutto il ‘500. Sottolinea però che i tre paesi paradigmatici – per quanto riguarda la formazione precoce dello stato moderno – furono Francia, Inghilterra e Spagna.


I re cattolici in Spagna aumentano il loro potere controllando più da vicino giustizia, pace interna e guerra, e sviluppando una politica attiva in altri campi come l'economia, la cultura e la vita religiosa.  Negli affari esteri stabilirono il potere dello Stato sulla Chiesa in occasioni come gli incidenti del vescovo di Cuenca.  

Per altro verso, le due forme di universalismo medievale non attecchirono in Spagna mai veramente.  L'idea di Impero non era attraente per gli spagnoli. L'idea di una società umana unitaria nella sfera temporale e politica trovò pure limitata e tiepida accoglienza in Spagna.  

Politica del re Ferdinando il cattolico: * )    Unità territoriale chiusa e sicura fino ai Pirenei.  ** ) I diritti signorili feudali non furono più presi in considerazione.  *** ) Si fecero invece i tentativi di costruire, su una nuova base territoriale adatta, centri di potere solidi, duraturi e tecnicamente perfetti con cui i governanti  avrebbero fatto i loro calcoli.   Francisco de  Vitoria teorizzò la Respublica Christiana.     

In nessun luogo dell’ Europa di allora la monarchia incarna una tradizione nazionale. Ma questo non toglie che la politica delle grandi monarchie della fine del quattrocento e del 500 si basava su un tipo di coscienza comunitaria pre-nazionale.  Tra il re e sudditi c'era un comune sentire, l' idea di partecipare liberamente insieme a una comunità aperta al futuro.  Non altrettanto si può dire dell'Italia.


La gente di città in questi grandi monarchie capiva che il vecchio regime municipale e signorile si era spento, Era pronta a sacrificare i vecchi privilegi e perfino a abbandonare certi modi di pensare per poter sperimentare un nuovo sistema di libertà politica, centralizzata e razionalizzata in forma statale sotto un potere monarchico.  Decisivo fu il senso della comunità che esisteva nel regno.  Lo stesso non accadde ne in Borgogna né in Romagna.    

I capisaldi dello Stato erano allora la burocrazia e l'esercito.  Due momenti fondamentali in Spagna furono: il progetto di dare uniformità al regno ( politica di ispanizzazione e di espulsione degli arabi  e degli ebrei e di omogeneizzazione ideologica, religiosa e culturale ) e la tendenza a nazionalizzare la Chiesa (non si accettava che degli stranieri divenissero vescovi o abati).  

Nei Parlamenti incominciò ad affermarsi un nuovo tipo di rappresentanza e di partecipazione. Il tutto prese poco alla volta il sopravvento sulla parte. Nel Parlamento si è chiamati a rappresentare il tutto e a decidere per il bene di questo.  Questo significava il passaggio dall’ essere vassallo all'essere suddito.  L'idea di un vincolo comune portava con sé i concetti di giustizia e di uguaglianza.  

Il principio di libertà individuale non fu compromesso dal bisogno di un forte potere centrale. Allo stesso tempo non fu di ostacolo alla centralizzazione.  La libertà individuale non significava però diritto di resistenza del suddito. Sia il re che i sudditi hanno i propri diritti e l'attività statale discende dall'azione congiunta del re e dei ceti.  Esiste un contratto tra tre e regno. Mai si ebbe una monarchia senza limiti.  La monarchia era condizionata e limitata da leggi fondamentali. La monarchia assoluta  era di per sé il regime della legge fondamentale.    Una citazione di Palacios Rubios, un giurista del tempo: “ Al re è affidata soltanto l'amministrazione del regno, non la proprietà delle cose “.     

I due cardini del nuovo modello di Stato nazionale sono la razionalizzazione e il senso della comunità.  Si svilupparono fortemente delle tecniche quantitative di controllo e di pianificazione. La statistica incominciò ad acquistare un significato strategico.   

Si decide di istituire un sistema formale di leggi. Ci si rivolge ovviamente al diritto romano.  Si persegue  questo obiettivo: unificazione, uniformità e amministrazione formale della legge.

Non si può parlare di un appoggio incondizionato e sostanziale della borghesia al regno. A metà del seicento accadde infatti che gli ufficiali dei regni dell'Europa occidentale, compresi quelli di origine borghese, sostennero la reazione dei grandi proprietari terrieri aristocratici. Mentre la nobiltà medievale, all'apogeo del suo potere, sembra aver agito secondo un vero spirito di servizio pubblico.

Gli uffici pubblici dovevano essere assegnati a spagnoli. Il regno doveva essere governato dall'interno.  Venne istituita la figura del segretario di stato. Ogni segretario controllava interamente l'opera di governo per il suo settore. Fu creata una rete di ispettori. Gli uffici pubblici erano acquistabili, ma questa pratica non ebbe una così forte diffusione come in Francia.  La classe intermedia, non identificabile sociologicamente con la borghesia, era tenuta a gestire il settore pubblico secondo integrità e efficienza.  

L'esercito venne fortemente razionalizzato. Fu enormemente rafforzata la fanteria. I soldati costituivano un’ armata nazionale e non avevano nulla a che vedere con i mercenari. Venne potenziata l'artiglieria, si ricorse all'aiuto di ingegneri, geometri e di matematici.


Heidelberg, maggio 2013
Beppe Vandai





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