VOLTA
LA CARTA !!
SCHEMA
della RELAZIONE DEL 13 GIUGNO 2013
(
di Beppe Vandai )
LA
BORGHESIA FRANCESE NELL' ANCIEN RÉGIME,
LA
MONARCHIA E LA NOBLESSE DE ROBE
I.
a ) STATICA E DINAMICA nella SOCIETÁ
dell' Ancien Régime (A.R.)
Passaggio
dal Medioevo all' Età Moderna :
a ) dalla
famiglia di concezione strettamente cristiana alla famiglia borghese, alla
concezione romana del pater familias ( patrimonio, matrimonio, legalità );
riduzione del ruolo della donna e dei figli; il nuovo ruolo del testamento;
affermazione del predominio della linea maschile nel
mantenimento del patrimonio,
mantenimento del patrimonio,
b ) Il
nuovo fattore è la CITTÀ, da lì la nascita del Terzo Stato,
c ) Nella
città i modi di vita, di produzione, la cultura sono andati differenziandosi. È
la borghesia cittadina a menare le danze e a rappresentare l' intera cultura
urbana,
d ) Dalle
università si afferma il diritto romano; cresce l' interesse per l' al di qua.
Si fa largo la cultura umanistica, che legittima la ricerca del benessere,
della felicità, del proprio interesse, che apprezza il lavoro creativo e l'
impresa
e ) Con la
fine del'500 e per tutto il '600 si fa largo e si impone in F. la figura dell'
honnête homme
f ) Il
calvinismo ed il giansenismo, per essendo rigoristi e teocentrici, fanno proseliti
nella borghesia
( discorso
sull' elezione, la predestinazione, la messa a frutto dei talenti come segno di
elezione, il disgusto per i poveri ed i mendici, quali individui inferiori
(indegni dei talenti divini donati loro o maledetti da Dio )).
I.
b ) STATICA E DINAMICA nella SOCIETÁ
dell' A.R.: L' ARTICOLAZIONE DEGLI E NEGLI ORDINI
Il giurista seicentesco Loyseau, nel Traité
des Ordres et simples dignités ( del 1610 ) – il trattato per
eccellenza in questa materia, il principale punto di riferimento per la
definizione l’ auto-comprensione del sistema cetuale, nel delimitare il
perimetro dei non nobili – evita esplicitamente, per scelta etimologica, l’uso
dei termini ‘borghese’ e ‘borghesia’, per lui troppo centrati sulla realtà
urbana, troppo deboli e troppo inclusivi. Preferisce ricorrere al termine
“Terzo Stato”. Precisa però che si tratta di un gruppo parecchio eterogeneo dal
punto di vista di classe e dell’ occupazione.
Vi farebbero parte 4 categorie di
persone (con famiglie annesse e connesse ):
i ) Le genti di lettere formatesi nelle
facoltà di diritto, teologia, medicina e nelle arti liberali,
ii ) I finanzieri ( detentori di uffici
reali addetti alle finanze ),
iii ) I giudici, gli avvocati e tutti
quanti praticano le discipline giuridiche: notai, procuratori, cancellieri,
ecc. ,
iiii ) I mercanti.
Esclusi erano invece tutti quanti
praticavano lavori manuali, compresi gli artigiani, o lavori subordinati. Tutta
gente di ‘vile reputazione’, ‘popolino ignorante’. Diffusissima era la disistima
del lavoro manuale, alimentata anche dallo studio dei classici dell’ antichità.
Ambitissimo, per il prestigio che offre, invece il far parte dei ranghi dello
Stato, l’ essere detentore di una carica, di una competenza, di un ufficio
pubblico.
L’ obiettivo della borghesia in senso
forte e proprio, quella che rientrava nella rubrica di Loyseau, era di ottenere
lo status nobiliare.
Va
ribadito che il Terzo Stato (TS) venne 'assemblato' e riconosciuto dalla Corona
quale ceto delle città.
L' elemento
caratterizzante e trainante è la Borghesia del Sapere. È la Bourgeoisie de Robe
ad offrire al sovrano la chance di contenere le forze centrifughe, sempre vive
nell' alta nobiltà, che gli dà al possibilità di costituire un apparato statale
competente e fedele ( secondo gli standard del tempo ), che gli permette di
rafforzare il gallicanesimo e di aver molto mneo bisogno delle competenze
intellettuali e tecniche del clero.
Le radici
materiali della Bourgeosie de Robe erano però tutte ben piantate nella Borghesia
del Denaro. Le risorse della B. capitano a fagiolo per i sovrani. Dunque,
questi prendono due piccioni con una fava: venalità delle cariche.
- c ) STATICA E DINAMICA nella SOCIETÁ dell' A.R.: DIFFERENZE
E DISTINZIONI TRA I 'Robins'
Tra i magistrati, i giureconsulti e le
diverse figure dei pubblici ufficiali esistevano tre distinzioni di grado.
Dunque si distinguevano i robins in tre categorie:
La petite robe ( il livello più
basso nella scala dei robins ): avvocati, notai, cancellieri, pubblici
ministeri. Erano piuttosto ambiziosi e turbolenti, volendo salire di grado.
La moyenne robe: * in generale
gli alti funzionari, rappresentanti del re o dei principi in provincia per le
questioni amministrative e giuridiche, ** chi ruotava attorno ai parlamenti
provinciali ed era deputato alla giustizia signorile ( dei nobili ), *** chi
aveva un grosso ruolo nelle decisioni locali in termini di diritto privato,
sulle proprietà ecc. Questo corpo intermedio era molto potente a livello locale
e regionale. Riusciva spesso ad arricchirsi anche in modo fraudolento.
La grande robe: consiglieri di
stato, i titolari delle alte cariche dei parlamenti ecc. I parlamenti avevano
acquistato con il tempo sempre nuove competenze. Alla funzione di
controllo e ratifica delle leggi reali e agli gli affari giudiziari, si erano
aggiunti questi compiti: l’ amministrazione delle risorse finanziarie, l’ordine
pubblico, la gestione degli affari religiosi, il mantenimento delle
infrastrutture. Il Parlamento di Parigi era di gran lunga il più potente.
Da queste figure sociali partì l’
assalto ad essere nobilitati (anoblis).
I.
d ) STATICA E DINAMICA nella SOCIETÁ dell'
A.R.: PERCHÉ LA VOGLIA DI NOBILTÁ DEI ROBINS ?
La parte più ricca della borghesia del
denaro e del sapere che costituiva il Terzo Stato volle penetrare e penetrò
massicciamente nella nobiltà. La carriera è spesso questa: un mercante ricco o
agiato avvia i figli alla formazione che ne farà dei membri della borghesia del
sapere. Questi, acquisite le competenze e ben dotati dalla famiglia, acquistano
una carica. La pagano più o meno profumatamente. Ma che vantaggi hanno, a parte
il prestigio, che allora non era cosa di poco conto ?
* Ricevono dalla Corona una rendita
annua adeguata, **in più hanno le entrate legate all’ esercizio della loro
professione. *** Come se non bastasse le cariche divennero ereditarie. Ma
perché allora aspirare alla nobiltà ?
Innanzitutto per godere del titolo che
inserisce nella classe dei potenti e sentirsi legati a doppio filo al
monarca. Poi, cosa tutt’ altro che disprezzabile, per essere esentati
dalla taille , la principale tassa diretta, proporzionale
alle entrate. Soprattutto grazie alla loro formazione sul diritto romano, i
giuristi trovavano giustificata questa forma di immunità anche per i servitori
dello Stato. La nobiltà di spada già ne godeva in quanto gruppo sociale dei
guerrieri, essendo i discendenti di chi aveva dato il suo tributo di sangue ed
essendo pronti in ogni momento a fare altrettanto.
Un punto di svolta si ebbe agli Stati
Generali del 1614, gli ultimi prima di quelli fatali del 1789. Il
Terzo Sato, il gruppo più numeroso, era composto a sua volta in gran parte e
guidato dalla borghesia di toga ( borghesia del sapere ). Quasi tutti i
deputati, di tutti gli ordini, si pronunciarono per l’ abolizione della
venalità delle cariche. Ma il TS richiese la contestuale abolizione delle
pensioni erogate alla nobiltà. Il clero appoggiò le richieste del TS, poiché voleva
indebolire la nobiltà, al fine di far passare l’ applicazione delle
disposizioni del Concilio Tridentino. Dato questo stallo agli Stati Generali,
nulla venne abolito. Restò però il fatto che la nobiltà non aveva la forza di
bloccare il nobilitamento della Bourgeosie de robe. Si consumò così la
disfatta del 2° Stato. La via per la Noblesse de Robe era stata aperta. In
effetti, la monarchia andò sempre più appoggiandosi sulla nuova nobiltà.
Solo dagli anni 20 del ‘700 la nobiltà
di spada poté riprendersi. Questo generò però una certa presa di distanza della
Noblesse de Robe dal sovrano: un elemento che pesò anche nel far precipitare la
crisi dell’ Ancien Règime e favorì la Rivoluzione Francese.
II.
a ) FORZA E CRISI DELL`ANCIEN RÉGIME: (
A ) UN ESEMPIO DI FORZA:
Con il Concordato del 1516 tra Stato e
Chiesa veniva sancito che la nomina dei vescovi era di competenza reale.
Il monarca
francese era anche il capo religioso nel suo Paese. Il gallicanesimo si impone
poi, poco alla volta senza più ostacoli. La supremazia monarchica faceva il
paio con la concezione, discendente dal diritto romano, secondo cui la regalità
si esprimeva a tutti i livelli. Il re stabiliva le imposte, era il capo dell’
esercito, decideva della pace o della guerra. Iniziò così la strada che porta
alla monarchia assoluta. Il re è sovrano per volontà divina. Ma poco interessa
in questa apoteosi del potere monarchico l’ articolazione cristiana della
Trinità ed il mistero dell’ Incarnazione, tanto cara alla Chiesa soprattutto dal
‘300 . In Francia si sottolinea una sorta di analogia tra il re e Dio Padre.
Nel 1673 Luigi XIV
convoca l’ assemblea del clero francese, nonostante la forte contrarietà del
Papa, per garantirsi il diritto di disporre dei benefici ( entrate ) in caso la
‘vacanza’ del vescovo. Oltra a ciò fece redigere e approvare una Déclaration
del clero francese così articolata:
a ) I principi, ed in particolare il re
di Francia, non sono sottomessi al potere papale,
b ) il potere spirituale del Papa viene
riconosciuto, ma solo se rispetta gli “antichi canoni” della Chiesa francese,
c ) il concilio ecumenico è superiore
al Papa,
d ) le sue decisioni, anche di ordine
spirituale, non sono applicabili in Francia senza il consenso dei vescovi
francesi.
- b ) FORZA
E CRISI DELL`ANCIEN RÉGIME: ( B ) UN ALTRO ELEMENTO DI FORZA: I PARLAMENTI
Il ruolo
dei Parlamenti si era via via accresciuto nella Francia dell' AR. Questi furono
i centri di azione, selezione e reclutamento della Borghesia del Sapere ( dei
Robins ). Erano degli organismi stabili, che adempivano a ruoli istituzionali
continuati ( a differenza degli Stati Generali o Provinciali , convocati sempre
in via eccezionale.
Oltre al
diritto di registrazione e di rimostranza delle leggi della Corona e alle
funzioni giuridiche a loro sempre deputate, si aggiunsero vere unzioni di
governo e amministrazione pubblica in materie decisive come l' erario, l'
ordine pubblico, la religione, le infrastrutture. Qui sguazzavano come pesci
nell' acqua i Robins, fossero nobilitati o ancora borghesi.
- c ) FORZA E CRISI DELL`ANCIEN
RÉGIME: LA LUNGA CRISI DEL „ '600 LUNGO ”
La popolazione
francese tra il 1560 ed il 1715 si aggirava attorno ai 20 milioni di abitanti,
con andamento sinusuoidale e differenze di crescita e decrescita tra regione e
regione.
L’ economia e la popolazione ebbero una
fase di crescita dalla metà del ‘400, ma verso la fine del ‘500 il processo si
bloccò. Seguì una successiva, lunga fase di stabilità demografica, connessa ad
un lungo periodo di stagnazione economica che contrassegnò tutto il ‘600, non
solo in Francia. La relativa stabilità demografica fu possibile mediante un
contenimento delle nascite nei momenti favorevoli e mediante il ripopolamento
nelle fasi di carestia e pestilenza. Gran parte della popolazione delle
campagne era costantemente a rischio di sopravvivenza, viveva vicino ai limiti
della sussistenza e bastava poco perché scendesse sotto quel limite.
Tra il 1600 ed il 1715 il Paese langue in
una grande stagnazione economia, che colpisce soprattutto i contadini, ma
scontenta anche i signori della terra ( nobili di origine feudale, NdeR,
borghesi che hanno investito in terre ).
L’ agricoltura in Francia era affetta da
un problema: pochi erano gli investimenti produttivi tecnicamente avanzati e l’
afflusso di capitali per aumentarne la redditività. A parte le parcelle di
terra in mano direttamente ai contadini, quasi mai di grandi dimensioni, la
terra fu oggetto dell’ interesse della rendita parassitaria. Ciò avveniva
soprattutto perché la borghesia cittadina (per lo più i mercanti e gli
artigiani benestanti ) e la borghesia del sapere ( poi, in buona parte
Nobl.deRobe ) volevano darsi sicurezza e ulteriori entrate investendo nella
terra. Risultati: stagnazione, scarsa presenza dell’ impresa agricola di tipo
capitalistico, contadini sempre a rischio di crisi di sopravvivenza.
Parte della terra dei contadini
‘scivolava’ poi nelle mani dei contadini più ricchi, dei borghesi cittadini, e
pure dei nobili, per essersi indebitati con questi nei momenti del bisogno. Non
si ebbe comunque un fenomeno di espropriazione, proletarizzazione e
pauperizzazione pari a quello inglese.
In ogni caso, in Francia, esisteva ed
era a disposizione di possibili investitori borghesi un vasto mercato della
terra, di facile accesso. Altrettanto facile era la chance di ottenere buone
rendite ‘parassitarie’, o quanto meno non innovative, né di tipo capitalistico.
Le forme tradizionali di produzione rimasero intatte.
Come
se non bastasse, a causa delle continue guerre e della necessità di mantenere
l' apparato statale, ormai gravoso per le immunità fiscali, le pensioni, gli
onorari da corrispondere ai Robins, il fabbisogno dello Stato era sempre
altissimo e le finanze vicino al collasso. Che fare ? Non restava che ricorrere
alla pressione fiscale, soprattutto sulle campagne. Sui contadini ed i
fittavoli , oltre alle decime e ai contratti di affittanza, il gravame sempre
di più alto della taille. Si calcola che verso la fine del '600 la tassazione
superasse ogni livello di tollerabilità per un importo attorno al 10% dell'
intero prodotto interno lordo.
Situazione nelle città o a ridosso di
queste:
Le città erano allora in Francia per
loro natura parassitarie e dipendenti dalla campagna, dalla produzione e
formazione di ricchezza agricola. La manifattura e l’ artigianato occupavano
meno del 10% della popolazione dell' intero paese.
Tra gli artigiani notevole era lo
scarto in termini di reddito e di prestigio tra i maestri e i loro apprendisti
o semplici lavoranti. Però nessun artigiano era veramente ricco. Solo i grandi
mercanti lo erano. Erano anche loro che ‘comandavano’ la manifattura e l’
artigianato, che anticipavano i capitali, che trovavano le materie prime, che
allocavano i prodotti.
I piccoli commercianti, giù giù fino ai
bottegai e ai piccoli esercenti, vivacchiavano, combinando spesso questa con
altre attività.
I mercanti ricchi o medio-ricchi non
avevano grandi ( o per niente ) aspirazioni di tipo capitalistico. Non amavano
quel ipo di rischio, preferendo la rendita sicura: terreni, altri beni
immobili, uffici pubblici da comperare.
Solo la grande borghesia mercantile e
quella finanziaria facevano eccezione. Dove le si trovava ? Nelle importanti
città portuali e in centri come Bordeaux e Lione. Le famiglie di questa grande
borghesia del denaro restarono fedeli alle loro attività.
III ) LA OSSIFICAZIONE DELLE ELITES
Non è azzardato parlare di una vera e
propria OSSIFICAZIONE DELLE ELITES nel “lungo“ ‘600 ( dall’ inizio del secolo
al 1715 ) ed oltre. Si trattò di una chiusura verso il basso.
Restavano solo due vie per entrare
nelle élites ed arricchirsi: a ) ottenere l’ appalto dell’ erario per una
determinata regione o diventarne il tesoriere dello Stato, b ) rivestire questi
ruoli per la grande nobiltà laica ( vecchia e nuova ) o ecclesiastica.
La società di
allora ‘funzionava’ e pensava all’ interno di coordinate mentali a noi poco
comprensibili. Statica era la visione della società nel suo complesso,
conservatore lo sguardo sul proprio ruolo sociale. Una volta raggiunto un rango
alto o intermedio, prevaleva la volontà di metterlo in mostra, di
abbarbicarvisi. Era un’ epoca in cui il senso dell’ onore era altissimo, a
tutti i livelli. Un onore, ben inteso, consistente soprattutto nel distinguersi
verso il basso e nel farsi riconoscere dall’ alto stando nel proprio rango.
Nel ‘ 600 l’ ascesa verso l’ alta
borghesia ristagnò. Del resto la NdeR era divenuta molto conservatrice,
frenava, conservava, si opponeva ad ogni proliferazione degli uffici, cosa
invece gradita e in parecchie fasi necessaria al potere centrale. La NdeR
cercava solo di proseguire la propria scalata alle posizioni e agli uffici più
alti e di maggior prestigio.
IV
) L' ANCINE RÉGIME: UNA SOCIETÁ ed UNO
STATO IN TRAPPOLA
Lo
Stato dell' Ancien Régime francese è in trappola. I nodi sono venuti al
pettine.
La monarchia francese si trovava nella
tenaglia da lei stessa creata. Si muoveva tra due muri da essa stessa creati:
a ) l’ ipertrofia e la proliferazione
dei ruoli dirigenti e privilegiati ( voluta per dotarsi di un’ ossatura di
fedeli commis e per sostenere il proprio fabbisogno fiscale ), una ipertrofia
costosa, da alimentare [ le entrate immediate realizzate con la vendita di un
ufficio si tramutavano poi nell’ erogazione diuturna, annuale, di rendite ai
possessori delle cariche ]. Quella che in passato si presentò come una
soluzione era divenuto un peso insostenibile
b ) l’ enorme fabbisogno per per
finanziare i continui sforzi bellici.
Che soluzioni rimanevano allo Stato ?
Proseguire nella politica della venalità della cariche ? Vista la saturazione
c’ era poco da fare. Non restava che la via dell’ incremento del carico fiscale
e dell’ indebitamento. Così lo Stato e la società francese si
paralizzarono poco alla volta. Il suo sistema assomigliava ad un cane che si
morde la coda. L’ intera società, comprese le sue élites e la classe dirigente,
rimasero come paralizzate di fronte a questo spettacolo. I più conservatori
dello status quo erano gli alto borghesi, gli ex-borghesi dell’ alta Noblesse
de Robe, i finanzieri, i borghesi legati alla Corona, l’ intera NdeR.
V
) UN TENTATIVO DI SOLUZIONE: COLBERT
ed il MERCANTILISMO
Come giudicarne la teoria e l’ opera ?
Colbert proveniva dall’ alta borghesia ed era il tipico grand commis dell’
epoca, rappresentante o vicino alla NdeR. Era ben conscio delle difficoltà
strutturali dell’ economia del suo Paese e dell’ impasse in cui la monarchia si
era cacciata. La sua opera, dapprima glorificata, ma negli ultimi decenni assai
‘desacralizzata’ dagli storici, era mossa all’ accrescimento delle risorse del
Paese e al loro rastrellamento per il bene dello Stato.
Colbert vedeva nell’ arricchimento
globale della nazione l’ unica via di scampo dai dilemmi in cui si
dibatteva il Paese.
In due parole, il MERCANTILISMO, di cui
fu l’ iniziatore ed il massimo paladino consisteva in questo: arricchimento
del Paese trainato dalla manifattura e centrato sull’ accumulo di un surplus
commerciale con l’ estero, tale da portare ad una crescente tesaurizzazione di
metalli e di beni preziosi. Pendant e corollario di questa politica
economica erano le misure ‘nazionalistiche’ e protezionistiche: dazi sulle
merci straniere, soprattutto sui prodotti di lusso, sostenimento attivo del
commercio estero francese sulle piazze del Mediterraneo, del Baltico e del
Medio Oriente, rafforzamento della marina francese, sostegno finanziario della
manifattura in Francia, incoraggiamento delle avventure coloniali, pressione
esercitata sui mercanti francesi a formare compagnie d’ Oltremare sul modello
olandese ed inglese, indebolimento della posizione dominante degli Olandesi.
Nell’ insieme i risultati del
colbertismo pare siano stati nel complesso modesti.
Dato la continua politica di potenza
militare voluta da Luigi XIV non gli riuscì di abbassare la pressione fiscale.
Anzi, Colbert fu sempre impegnato a ‘grattare il fondo del barile’. I mezzi con
cui poteva sostenere la manifattura francese erano modesti. Il livello
qualitativo, ad esempio per i prodotti tessili di medio prezzo, lasciava a
desiderare. La produzione tessile francese non era, nel suo insieme,
concorrenziale e tale da conquistare ampi mercati.
Colbert non puntò a migliorare le
infrastrutture necessarie per la creazione di un vero mercato interno, né ebbe
a disposizione i mezzi. La sua politica economica era troppo statalista e
guidata da criteri di potenza politico-militare. Restò comunque un punto di
riferimento il suo interesse per lo sviluppo di manifatture nazionali di peso,
da sostenere con mezzi messi a disposizione dallo Stato. La sua influenza, in
un certo senso, si fa sentire ancora oggi in Francia, mutatis mutandis.
Del resto il mercantilismo, o più in
generale l’ intervento statale per promuovere i commerci, la penetrazione sui
mercati internazionale dei propri prodotti e per incentivare lo sviluppo dell’
industria nazionale, furono per lungo tempo una costante per tanti paesi europei.
Di certo, il pensiero liberale ed il
liberismo corressero le storture e l’ approccio iniziale dato all’ economia
nazionale, ma non si può negare che si trovarono ad agire, grazie agli effetti
delle politiche mercantilistiche, su una base su cui si poteva operare, quanto
meno grazie al sentire comune che si era formato, circa la necessità che la
nazione deve dotarsi di una politica economica moderna ed espansiva.
Heidelberg, 13 giugno 3013
Beppe Vandai
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
Histoire de la Bourgeosie en France
Les temps modernes ( vol. 2 ) di Régine PERNOUD Paris 1962
Bürgertum oder Bürgertümer ? Die
französische Entwicklung vom Ende des Ancien Règime zum frühen 19. Jahrhundert,
di Jean MEYER ( traduzione di
Wolfgang Mager ) – Bielefeld 1991 –
Early Moderne France ( 1560 – 1715 ) 2°
Edition di Robin BRIGGS
Oxford University Press
1998 Capitolo 2 : Economy and Society.
Wege in die Moderne,
di Klaus GARBER, Berlin 2012.
Teil II Absolutismus und
Konfessionalisierung – Kulturpolitik und Literatur. Zum Ursprung der neueren
deutschen Dichtung. Kap. 2.3 Im Zentrum der Macht. Martin Opitz im Paris
Richelieus ( Seiten 183 – 222 ).
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